«Le slot machine mi hanno tolto tutto, ho visto l'inferno»

Una giocatrice compulsiva in recupero racconta al GdB la sua esperienza con la ludopatia
La ludopatia è una malattia a tutti gli effetti (foto simbolica)
La ludopatia è una malattia a tutti gli effetti (foto simbolica)
AA

Ho iniziato a giocare tanti anni fa solo per passare il tempo, senza rendermi conto che mi stavo rifugiando in un tunnel sempre più buio e profondo. È bastato poco perché ogni mio malessere o difficoltà venisse sostituito con il gioco. È bastato un attimo per credere di poter gestire qualcosa che mi avrebbe consumato lentamente.

Mi chiamo Gioia (nome di fantasia, ndr) e oggi ho 60anni. Sono una giocatrice compulsiva in recupero. La progressione della mia malattia, perché di malattia si tratta, è stata molto veloce, sia in termini di tempo trascorso di fronte le slot machine a giocare, sia in termini di denaro sperperato. Trascorrevo sempre più ore all'interno di quelle sale, dove la luce artificiale ed i suoni di decine di slot mi toglievano la percezione del tempo e della realtà.

In quegli anni io l'inferno l'ho visto. Il gioco mi aveva tolto tutto. Il piacere di stare con la mia famiglia e con gli amici. Il piacere di leggere un libro, di vedere un film o di godermi semplicemente una passeggiata. Tutto era oramai in funzione del gioco. Tutto passava in second’ordine. Anche il mio lavoro veniva fatto male e in fretta. Volevo solo avere più tempo per rinchiudermi davanti ad una macchina e non pensare più a nulla.

In alcuni momenti il dolore che procuravo a me stessa e a chi mi voleva bene era lacerante. Avevo perso in poco tempo dignità e credibilità. Mai e poi mai avrei pensato di ritrovarmi a sessant'anni con un problema che mi sembrava senza via d'uscita. Ma una strada per uscire da questo incubo esisteva, anche se allora non ne ero a conoscenza.

Sono approdata a Giocatori Anonimi cinque anni fa, nel febbraio del 2014, durante uno di quei giorni qualunque nei quali la mia vita era ormai un inferno, fatto di bugie, di prestiti e di disperazione. Ho trovato su internet il numero di Giocatori Anonimi (G.A. Brescia Cimabue 333.2130908) e tra le lacrime ho raccontato la mia storia. Quella telefonata è il primo atto di umiltà della mia vita. Quella telefonata che ho avuto il coraggio di fare mi ha salvato la vita. Ammettere la non capacità di gestire il mio quotidiano mi ha fatto capire quanto fossi ad un passo dal baratro.

In quest’associazione ho trovato però un luogo dove poter condividere il mio malessere, dove poter essere sincera fino in fondo. Ho trovato persone con il mio stesso problema che non mi giudicavano e che mi hanno supportata ed aiutata a smettere di giocare. Non è stato facile, ma riunione dopo riunione la mia vita è cambiata e lentamente ho sentito di cominciare a riprendermi il mio tempo. Sono passati cinque anni dall’ultima volta che ho giocato ed oggi, ogni giorno, scelgo di non farlo.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia