Le generose giornate del settembre '98 nel segno del Beato Tovini e di Paolo VI

«Brescia, riscopri il tuo ricco patrimonio di ideali che costituisce la ricchezza più vera...». Un riconoscimento e un monito, una celebrazione ed un incoraggiamento. Tra le cinque visite di Giovanni Paolo II in terra bresciana, quella del settembre 1998 è stata la più carica di significati e magistero. Il Papa viene a chiudere l'anno dedicato a Paolo VI nel centenario della nascita, e per la beatificazione di Giuseppe Tovini, il laico precursore degli ideali del Concilio. Due figure emblematiche che il mondo cattolico bresciano ha offerto alla Cristianità. E Giovanni Paolo II su queste due trame intesse il suo messaggio: Tovini e Montini, eredità preziosa da accogliere e far fruttare, a patto d'avere «il coraggio della fede».
Quel limpido pomeriggio del 19 settembre, dopo l'abbraccio della folla, da Campo Marte e per le vie del centro, nella piazza del Duomo, Giovanni Paolo II coglie l'abbrivio offerto dalle parole del sindaco Mino Martinazzoli e del ministro Nino Andreatta, per dire che «Brixia Fidelis» è motto che unisce «valori trasmessi dalle generazioni passate... e attestano una mirabile sintesi di fede e di ordinata convivenza, di amore con la propria terra e di solidarietà con ogni essere umano...».
Citando la scritta scolpita sul frontone della Loggia, il Papa dice ancora: «La costruzione di un futuro di civiltà e di progresso richiede un duplice ed inscindibile impegno di fedeltà: al Vangelo, radice preziosa e vitale della nostra convivenza civile, ed all'umanità concreta e palpitante, cioè all'uomo che pensa, che ama, che lavora, che attende sempre qualcosa», come scriveva Paolo VI. E sottolinea - auspica - la continuità su quel terreno fertile dove affondarono le radici Paolo VI e Tovini: il primo «guida sicura della barca di Pietro in tempi non facili per la Chiesa e l'umanità»; il secondo «laico, padre di famiglia premuroso, professionista rigoroso ed attento, che sollecitò i cattolici ad affermare i valori del Vangelo nella società, attraverso la creazione di opere educative e sociali, circoli culturali, comitati operativi e singolari iniziative economiche». Giovanni Paolo II indica nel «contesto religioso, culturale e sociale» animato dall'esperienza di Tovini uno degli elementi essenziali della formazione di Paolo VI, più volte chiamato «padre e maestro».
La domenica 20 settembre il catino del Rigamonti sembra una grande nave. E sulla polena, ad indicare la rotta, il Crocifisso. Un Cristo sofferente, che si china ad accogliere la folla radunata, sembrava quello disegnato da Enrico Job. Cerimonia di grande suggestione. E ancora una volta occasione di magistero papale limpido: Tovini e Paolo VI hanno lasciato una «grande eredità religiosa e civile», da custodire, da valorizzare, da vivere «con fedeltà e perseveranza».
Giovanni Paolo II traccia un ritratto possente di Paolo VI: «Pochi come lui hanno saputo interpretare le ansie, gli ardimenti, le fatiche e le aspirazioni degli uomini del nostro secolo. Volle camminare al loro fianco: si fece per questo pellegrino sulle loro strade, incontrandoli là dove essi vivono e lottano per costruire un mondo più attento e rispettoso per la dignità di ogni essere umano... Volle essere servo di una Chiesa evangelizzatrice degli uomini, chiamata con ogni persona di buona volontà a costruire quella Civiltà dell'amore nella quale non vanno agli ultimi soltanto le briciole del progresso economico e civile, ma dove devono regnare la giustizia e la solidarietà».
Paolo VI crebbe nel clima di impegno che fu proprio del Tovini. Giovanni Paolo II indica il nuovo beato come «sprone» ai laici: «Fedele sempre al magistero della Chiesa brilla per la sua forte personalità, per la sua profonda spiritualità familiare e laica e per l'impegno con cui si prodigò a migliorare la società... Con umili mezzi e con grande coraggio egli si prodigò infaticabilmente per salvare alla società bresciana ed italiana ciò che ha di più suo, cioè il patrimonio religioso e morale». E citando Tovini, Giovanni Paolo II rilancia il monito: «I nostri figli senza la fede non saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri».
Poi ancora la visita nella chiesa di San Luca alla tomba del beato Tovini e in Cattedrale per incontrare le famiglie. Nonostante la salute già fortemente compromessa, Giovanni Paolo II mostra per Brescia un atteggiamento generoso e amorevole. «Indimenticabile», come ebbe a chiosare il vescovo mons. Bruno Foresti.
Claudio Baroni
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