Le buone maniere non sono mai troppe

Come insegna l'episodio di Anna, vedova da poco, trascurata dal direttore della banca
La storia di Anna ci ricorda l'importanza dell'attenzione reciproca
La storia di Anna ci ricorda l'importanza dell'attenzione reciproca
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Seduta in un salottino della Banca, Anna aspetta. Dopo venti minuti il direttore esce dall’ufficio, la guarda con aria interrogativa e dice: «Signora, aspetta me?» Lei annuisce dicendo: «Mi ha fissato l’appuntamento la settimana scorsa». Quindi, come se le stesse facendo un favore, rientra e con un gesto della mano la invita ad accomodarsi.

È vestita di nero ma lui non se ne accorge. La conosce appena poiché in Agenzia ci andava raramente, era sempre suo marito che provvedeva per tutti i pagamenti. Adesso che all’improvviso è rimasta vedova non sa ancora bene come muoversi, ma ha bisogno di disporre del denaro per saldare le tristi incombenze. Mentre il funzionario le spiega che il conto è stato bloccato dalle procedure del decesso, riceve una telefonata. Quindi si mette gli auricolari e apre l’anagrafica dell’altro cliente. L’attesa si protrae ma è la mancanza di considerazione che finisce per contrariare Anna, costretta ad ascoltare una conversazione privata sul rendimento annuale dei Buoni ordinari del Tesoro. Al termine il funzionario, gonfiando il petto con fare borioso dice: «Cara signora, noi uomini riusciamo a fare parecchie cose nello stesso momento». Anna sente un calore avvamparle il collo, ha il diaframma bloccato per i nervi ma si limita a rispondere sottovoce. Non pensa affatto che quell’uomo incravattato abbia le capacità di Napoleone di dettare tre diverse lettere contemporaneamente. Lo trova vago e piuttosto indisponente, ma il recente lutto le ha tolto anche la forza per dirglielo.

Le persone non dovrebbero mai dimenticare che trattando gli altri con superficialità e sufficienza provocano un senso di fastidio che rimane impresso a lungo. Se l’attenzione misura la differenza tra il guardare e il vedere, è il modo in cui ognuno svolge il proprio lavoro che la definisce. La gentilezza non è un obbligo ma una buona pratica, consigliata soprattutto a quelli che sul rapporto con gli altri ci campano. In fondo la gente desidera solo relazioni semplici, delle parole al vento non sa che farsene. Ci vogliono i gesti, la presenza e l’interesse verso chi si ha davanti. Tutti gradiscono un po’ di finezza, non a caso ha ancora ragion d’essere la massima sulle buone maniere di San Francesco di Sales: «Si acchiappano più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto».

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