L'architetto di Putin: «Al Polo da latitante. Ora vorrei tornare in Italia per difendermi»
Il primo gesto che fa è quella di allargare l’immagine della telecamera che lo riprende. «Così vede che sono nel mio appartamento a Mosca e non nascosto a Roncadelle» racconta in una videochiamata.
Lanfranco Cirillo alla cronaca è conosciuto come «l’architetto di Putin» per via dell’amicizia con il leader russo e i legami di lavoro con decine di oligarchi. Ma per la giustizia italiana il 63enne imprenditore, nato in Veneto e bresciano d’adozione, è latitante. Accusato di reati fiscali è sotto processo anche se la Cassazione ha annullato nei suoi confronti il maxisequestro da 140 milioni di euro, tra beni mobili ed immobili.
Ricercato dall’Interpol, con un mandato di arresto in carcere, è appena tornato dal Polo Nord.
Cosa è andato a fare?
Faccio parte di una fondazione svizzera che si occupa di cambiamenti climatici. L’università di San Pietroburgo ha una piattaforma galleggiante incastrata tra i ghiacci che va alla deriva per due anni per un esperimento scientifico unico al mondo. Siamo partiti in undici da Mosca e nel gruppo c’erano rappresentanti di università occidentali e scienziati russi. Esperti da Parigi, dalla Svizzera e dalla Svezia. Io ho parzialmente finanziato la spedizione.
E cosa ha fatto nel corso della spedizione?
Abbiamo fatto prelievi della calotta ed effettuato rilievi. La prima volta che sono andato al Polo Nord era nel 2008 e la banchisa era 4,7 metri mentre oggi è 1,74. Bisogna fare qualcosa per questo pianeta che è maltrattato e malridotto. I cambiamenti climatici sono tra le priorità della nostra vita e lo dobbiamo capire.
Tutto molto bello. Se non fosse che lei è un latitante e per la giustizia italiana è ricercato a livello internazionale.
Tutto questo l’ho fatto da latitante è vero. Ma le autorità italiane sanno benissimo dove sono e da nove mesi l’Italia non ha mai chiesto l’estradizione.
Perché non torna in Italia allora?
Perché non ho il passaporto. Mi sono attraversato la Russia e sono andato in una zona apolide.
E se avesse il passaporto?
Ci penserei seriamente a rientrare perché è un mio diritto potermi difendermi. Chiederò al tribunale di Brescia di essere ammesso alla prossima udienza attraverso un collegamento online. Per le accuse di autoriciclaggio ed evasione ho una Red Notice Interpol (l’avviso alle polizie di tutto il mondo di arrestare la persona il cui nominativo appare nel database dell’Interpol, ndr). Quando anni fa andavo in Sardegna con i miliardari russi mi invitavano dalla Farnesina e mi facevano i complimenti perché ritenuto ambasciatore del made in Italy. Ora il vento è cambiato. Sogno che gli inquirenti italiani mi ascoltino. Ma c’è la guerra e avendomi le autorità russe sospeso il passaporto per l’espatrio credo che sia impossibile tornare.
Lei la chiama «guerra» non come il suo amico Putin, che la definisce «operazione speciale».
Sicuramente è una guerra, dato che si combatte da 14 mesi. L’ho sempre definita così e non sono mai stato arrestato.
Come finirà?
Non presto sicuramente. Non ci sono condizioni per chiuderla a breve. È un dramma dei popoli e della gente. Il clima è molto pesante. È una guerra civile tra popoli fraterni iniziata sicuramente dalla Russia che ha invaso l’Ucraina. Bisogna lavorare per la pace perché ci sono mille persone che muoiono tutti i giorni da una parte e dall’altra.
Tornando alla sua situazione giudiziaria, l’accusano di aver costruito un impero perché non ha pagato le tasse in Italia. Un anno fa è tornato in Russia per evitare il carcere?
Ho fatto due interrogatori con la pm di Brescia, ne ho chiesto un terzo e non me l’hanno concesso. Sono tornato a Mosca quando, dopo aver chiesto alla Procura, ho dovuto ricominciare a lavorare. Ricordo però che sono cittadino russo dal 2014, non solo residente, vivo qui dal 1993, parlo russo meglio dell’italiano. Come si fa a dire che sono esterovestito? Trovo incredibili le accuse e ora voglio partecipare al processo e voglio difendermi.
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