L'araldica popolare del nobile Scötöm

Sulla capacità bresciana di affibbiare soprannomi
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Un fulmineo guizzo. Così l’attento Gian Battista Muzzi - inarrestabile ricercatore di cose bresciane - definisce l’abilità propria delle comunità bresciane di affibbiare «scötöm» ai propri componenti: un soprannome, individuale o di famiglia, disegnato con intelligenza e ironia spesso a partire da un solo particolare.

Nel suo libro sulla «anagrafe creativa dei soprannomi» (edito due anni fa dalla Grafo) Muzzi ne individua centinaia. E a migliaia ne incontreremmo se potessimo interpellare ogni singolo cultore di storie locali. Ma da dove arriva il termine «scötöm» (in bergamasco anche «scütüm») così nostro e così irrimediabilmente pieno di dieresi?

Il monumentale Gabriele Rosa - patriota e storico iseano - nel suo «Dialetti delle provincie di Bergamo e di Brescia» del 1857 suggerisce che «potrebbe essere contrazione del greco skotos onoma, nome oscuro». Non so, mi pare un po’ macchinoso. A me piuttosto piace pensare che si tratti dell’uso ironico e popolano di terminologia araldica: la parola latina «scutum» è utilizzata nel medioevo dai notai negli atti che coinvolgano una famiglia nobile (la quale ad esempio «habet SCUTUM divisum in partes tres, in prima est aquila, in secunda lilium, in tertia spata»). Ecco, negli «scötöm» invece di un’aquila bicipite troviamo difetti fisici, tratti caratteriali, mestieri... Cambióm discòrs.

Ricordate la parola «pés» (peccio, abete rosso) che sta alla radice del nome dell’abitato di Pezzo? In settimana tanti lettori ci hanno scritto (il più veloce è stato Giovanni) citando i toponimi Pezzoro, Pezzaze, Pezzeda, Pezzuolo, monte Peso...

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