La super-prof in viaggio con gli allievi speciali «per guarire»

Pazienti-allievi del reparto di oncoematologia al Civile incontreranno i coetanei nelle scuole italiane
La prof. Annamaria Berenzi (al centro) tra gli allievi e i rappresentanti delle istituzioni - © www.giornaledibrescia.it
La prof. Annamaria Berenzi (al centro) tra gli allievi e i rappresentanti delle istituzioni - © www.giornaledibrescia.it
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Adolescenti o poco più, arrivano in gruppo e si siedono vicini: c’è chi guarda lo smartphone, chi è concentrato a risolvere il cubo di Rubik, a qualcun altro un po’ agitato trema la gamba. Ogni tanto parlottano, uniti. Solo dalla testa calva di Silvia si capisce che sono loro i protagonisti del progetto «In viaggio per guarire» coordinato da Annamaria Berenzi (per loro semplicemente Anna) «miglior professoressa d’Italia» 2017.

A marzo ha vinto l’Italian teacher prize e oggi grazie ai 50mila euro assegnati dal Miur alla scuola in cui lavora - la sezione ospedaliera dell’istituto Castelli al Civile di Brescia - potrà accompagnare in giro per l’Italia un gruppo di ragazzi, (ex) pazienti e studenti della «Scuola in ospedale» del reparto di oncoematologia, che racconteranno a centinaia di coetanei come è cambiata la loro vita.

Nessuna spettacolarizzazione ma un «laboratorio di empatia» per permettere ai giovani seduti in platea di confrontarsi con la diversità, fisica e di sofferenza psicologica, di chi affronta una malattia oncologica, aprendo la strada a rapporti umani autentici e solidali.

«Purtroppo a scuola si parla poco di emozioni e i nostri giovani sono spesso in difficoltà nel riconoscere l’altrui e la propria emotività - spiega la professoressa Berenzi, ospite ieri in Loggia dell’assessore alla Scuola Roberta Morelli -. Sono vittime della cosiddetta "normopatia", apatia quotidiana e scarsa affettività, che trova origine nella cultura dell’apparire e dell’omologazione».

Il progetto intende prendersi cura sia dei giovani pazienti sia dei coetanei esposti al rischio di indifferenza emotiva ma anche un’occasione per provare a rapportarsi con la malattia: come ricorda Raffaele Spiazzi, direttore medico dell’Ospedale dei bambini, «imparare a riprogettare la propria esistenza riguarda sia il malato sia chi gli sta vicino: familiari, amici, compagni di scuola».

La prima delle 13 tappe sarà il 7 ottobre a Milano, dove i ragazzi saranno ospiti dell’istituto salesiano Sant’Ambrogio.

Silvia, 17 anni, non ha mai partecipato a nulla di simile ma alla sua seconda ricaduta ha ben chiaro il messaggio da far arrivare agli altri ragazzi: «Vorrei che cambiassero mentalità, non devono dare tutto per scontato. A volte nella vita le cose filano lisce, altre volte capitano imprevisti, l’importante è saper reagire».

Filippo, studente al secondo anno di Medicina («prima volevo fare il veterinario ma con la malattia ho cambiato idea»), è invece un «veterano». Ha già partecipato ad altri incontri dove è stato accolto «con serietà e partecipazione sincera. Attraverso la nostra esperienza possiamo dare un messaggio importante: cosa conta davvero nella vita. Ora sto bene ma ho subìto un trapianto di midollo, per me importante è donare». E in un bel video che accompagna il progetto (www.sites.google.com/view/inviaggioperguarire/home) alcuni giovani pazienti coinvolti lanciano un messaggio a tutti: «Un viaggio nell’Inferno di Dante sarebbe stato meno pericoloso, per fortuna abbiamo molti Virgilio vicino, pronti a sostenerci. Alcuni li abbiamo accanto, altri lo hanno fatto donando il loro sangue o midollo. Siate anche voi il Virgilio di qualcuno».

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