La suora bresciana Annalisa Pansini dal Sudan in fiamme: «Stiamo bene»

Nata nel 1973 a Trenzano, la suora ha quasi sempre vissuto in Africa. Da alcuni giorni non dava sue notizie alle sorelle
Fumo nero si leva dall'aeroporto di Khartoum, in Sudan - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Fumo nero si leva dall'aeroporto di Khartoum, in Sudan - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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Da alcuni giorni non avevano notizie di due consorelle, poi l’allarme è rientrato. Sono salve e stanno bene. Così come lo sono le altre missionarie comboniane che vivono a Khartum, in Sudan. A rassicurare la madre generale suor Elisa Kidane, che vive a Roma, è stata ieri suor Annalisa Pansini, missionaria comboniana nata a Trenzano ottantatré anni fa.

Suor Annalisa vive in Sudan dal 1973, periodo interrotto da un rientro di pochi anni in Italia. Un’esistenza spesa a dar vita al sogno di San Daniele Comboni, il bresciano di Limone sul Garda che il primo giugno 1867 fondò l’Istituto per le Missioni dell’Africa, oggi Missionari Comboniani, e nel 1872 l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia, oggi Missionarie Comboniane. Affermava: «Voglio donne coraggiose e determinate che rischiano la loro vita per Cristo e la Missione». Molto più che profetico, perché in queste ore a Khartum, capitale del Sudan, regnano morte e caos. Una metropoli da cinque milioni di abitanti che da una decina di giorni è teatro di una caotica e sanguinosa guerra e da cui l’Italia nel pomeriggio di ieri ha avviato una pericolosissima missione di salvataggio di quasi 150 italiani intrappolati a Khartoum, evacuando l’ambasciata.

Hanno lasciato tutti il Paese africano, tranne i missionari comboniani che vivono a Khartum e in altre zone del Sudan. Parlando del paese africano, impossibile non aprire una pagina di storia sul Sud Sudan, indipendente dal nord dal luglio 1911, pochi giorni prima della morte di monsignor Cesare Mazzolari, vescovo bresciano della diocesi di Rumbek che ha vissuto accanto al suo popolo, affamato e stremato da una guerra ventennale.

Non è partita nemmeno la maggior parte degli operatori di Emergency, tra i quali non risulta ci siano bresciani. Affermano: «Proseguiamo le attività, anche se ridotte, non possiamo lasciare i pazienti».

I missionari a Khartoum 

La situazione è delicatissima e in costante evoluzione. Ci sono, tuttavia, alcune certezze. Come la determinazione delle missionarie, abituate alle tensioni: «Non possiamo lasciare la nostra missione». Del resto, quello che sta accadendo ora altro non è che la cronaca di una guerra annunciata. «Temevamo da tempo questo epilogo - affermano i missionari -: l’esercito e i paramilitari hanno cominciato a farsi la guerra da pochi giorni ma c’è una forte tensione già da gennaio del 2022». Una situazione di tensione costante, tanto che le missionarie comboniane a Khartum, dalla comunità in cui vive suor Annalisa, già nel maggio dello scorso anno condividevano le loro preoccupazioni: «Qui a Khartoum tutte le nostre attività, pastorali e scolastiche, sono condizionate dal calendario delle continue manifestazioni. Indipendentemente da tutto questo, continuiamo a dare vita al sogno di Comboni, di dare potere all’Africa attraverso gli africani stessi nel campo dell’educazione, promuovere la formazione di leader, responsabilizzare le nostre ragazze, attraverso la formazione della fede, il dialogo ecumenico e interreligioso. Ogni giorno raggiungiamo e serviamo dove l’umanità ferita ci chiama. Negli ultimi giorni, stiamo assistendo a ulteriori conflitti e tensioni, dove le persone non sono in grado di accettare le reciproche differenze, dove l’egoismo umano mette gli interessi di pochi al di sopra del diritto di vivere con dignità di molti. Lo vediamo accadere ogni giorno e ci vuole molto coraggio per continuare a testimoniare i valori del regno di Dio dove la vita è diventata così vulnerabile e così dolorosa».

I Comboniani in viale Venezia

La preoccupazione e il dolore sono condivisi con le comunità bresciane - a Limone, terra di san Daniele Comboni, e in viale Venezia - dove attualmente vivono anche alcuni missionari tornati dall’Africa ma in attesa di ripartire.

«Abbiamo avuto notizia che è caduta una bomba sulla Casa provinciale dei nostri confratelli - riferisce padre Girolamo Priante, superiore dei Comboniani della storica casa bresciana di viale Venezia -. Nessun ferito, ma tutti si sono trasferiti in una zona più periferico della capitale, a Omdurman». Gli scontri feroci intorno e nella capitale nei giorni scorsi avevano bloccato duecento studenti del Comboni College (la scuola primaria e secondaria gestita dai comboniani a Khartum). I ragazzi sono rimasti chiusi nel seminterrato dell’edificio, «impossibilitati ad uscire perché si sparava ovunque, anche nella zona adiacente alla scuola».

Poi domenica scorsa la buona notizia: «I nostri ragazzi sono riusciti a dirigersi verso le loro case, lontane dal centro città dove si continua a sparare», aveva annunciato il comboniano padre Diego Dalle Carbonare.

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