La storia del 118, chiamato 20 milioni di volte in quasi 30 anni

Il numero unico d’urgenza ed emergenza a Brescia è stato attivato nel 1994, due anni dopo la nascita del Servizio nazionale
L'elisoccorso - Foto © www.giornaledibrescia.it
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A trent’anni dalla nascita del Servizio nazionale di emergenza nazionale rispolveriamo i taccuini degli appunti per leggere quanto annotato nel lungo viaggio a fianco di una realtà che sarebbe diventata cuore pulsante della sanità di emergenza.

Un viaggio che è partito il 27 marzo 1992 con il varo del decreto presidenziale che stabiliva tre punti: la competenza esclusiva del Servizio sanitario un merito all’attività di soccorso pre-ospedaliero, la sua gratuità e l’attivazione di un numero unico dedicato, il famoso 118 che resiste nella memoria di ciascuno di noi, anche se dal 2010 per la richiesta di soccorso bisogna comporre il 112, numero unico europeo. Quella del 118, tuttavia, è una storia a sè, fatta di entusiasmi, di cadute e di rialzate e di una grande disponibilità al cambiamento da parte di tutti gli operatori del soccorso. 

La storia del 118

Il Servizio nazionale è stato istituito nel marzo 1992. Esattamente due anni dopo, nel marzo 1994, il 118 è diventato unico numero da comporre in caso di urgenza ed emergenza per Brescia e provincia. La prima chiamata alla Centrale operativa, all’interno dell’Ospedale Civile, è arrivata alle 12,05 di quel 27 marzo. Da allora ad oggi le chiamate sono state circa venti milioni, mentre le missioni quasi due milioni e 800 mila.

Il ricordo del suo fondatore

«Siamo partiti in sordina, come era chiaro che dovesse essere, poi siamo cresciuti e già dopo pochi anni alla Centrale operativa arrivava circa un milione di telefonate al giorno» spiega Paolo Marzollo, già rianimatore e primario del Pronto soccorso del Civile, fondatore del 118 a Brescia. Memoria storica di una stagione di grande fermento, Marzollo racconta quali furono gli elementi che portarono l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga a firmare il Decreto nel 1992. «Nel 1990 si giocarono in Italia i campionati del mondo di calcio e, in quella occasione, le città di Bologna, Milano e Udine avevano organizzato un numero unico, il 118, facilmente identificabile dai tifosi stranieri. Fu una bozza di quello che sarebbe accaduto. Regione Lombardia già nel luglio 1991 aveva ipotizzato di creare il Servizio 118, ma la sua delibera venne superata dal decreto presidenziale del marzo 1992. Subito dopo, in Regione un gruppo di persone da ogni provincia (per Brescia c’era Paolo Marzollo, ndr) si mise a lavorare per fondare una centrale operativa in ogni provincia». Tra fine 1993 e marzo 1994 vennero aperte tutte le Centrali operative regionali.

I ritardi

«L’attivazione del numero unico a Brescia tardava, malgrado la struttura per ospitare la Centrale operativa fosse pronta - racconta Marzollo -. Ricordo che ebbi un incontro con il prefetto e subito dopo con il direttore del Civile, al quale riferii, forzando un po’ la mano, che da palazzo Broletto premevano affinché la Centrale fosse operativa dal 27 marzo perché temevano ci fossero problemi in occasione delle elezioni politiche del 28. Così, partimmo».

Quante persone erano e sono operative

All’inizio la Centrale operativa aveva tre postazioni e dodici infermieri a coprire le 24 ore. Oggi, a garantire gli interventi d’emergenza sul territorio bresciano, ci sono otto medici, 37 infermieri, 51 autisti, le Associazioni di volontariato e un totale di 400 persone nelle postazioni avanzate. «Il grosso problema iniziale era far comprendere alle circa sessanta Associazioni di volontariato presenti nel Bresciano che il soccorso doveva essere gestito sotto un’unica bandiera, oltre gli orgogli personali e i campanilismi - continua Marzollo -. È stato un passaggio difficile che ha richiesto una nostra costante presenza sul territorio fatta di incontri, spiegazioni, motivazioni alla causa del 118».

Gli obiettivi

Tre erano gli obiettivi che si volevano raggiungere con la rivoluzione dell’organizzazione dell’emergenza: ridurre la mortalità preospedaliera, ridurre la degenza media (in effetti, venne dimezzata e non solo per questo, ndr) e ridurre l’invalidità permanente (la diminuzione è stata di circa il 65%).

«Vorrei ricordare un altro aspetto che, da medico, ritengo fondamentale - aggiunge -: si è gradualmente superata l’idea che il paziente dovesse essere trasportato al pronto soccorso più vicino, ma che fosse necessario portarlo a quello più idoneo al suo problema di salute. Un concetto che le persone, all’inizio, fecero fatica a comprendere». La sfida, per il fondatore, è stata anche personale: «Grazie al 118 potevo seguire ogni fase della cura, dal primo soccorso all’ospedale. Per me, medico rianimatore e responsabile di uno dei Pronto soccorso più importanti della Regione, sono stati anni molto emozionanti. Irripetibili».

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