La stagione di caccia al via: «A casa circa il 30% dei cacciatori»

La nuova stagione di caccia nel Bresciano non è partita sicuramente nel migliore dei modi. Almeno, non per gli amanti dell’attività venatoria. Ieri, infatti «circa il 30% dei soci ha preferito starsene a casa». A dirlo non è il referente di un’associazione animalista, bensì il presidente di Federcaccia Brescia, Marco Bruni, che ha puntato il dito contro la recente sentenza del Tar di Milano, definita «una barzelletta», che per la cattura di alcune specie ha fatto slittare l’apertura al 1° ottobre. Dunque, il verdetto del Tribunale amministrativo, il calo continuo degli iscritti e la «centralità dell’agricoltura intensiva nella nostra pianura» hanno contribuito a non rendere memorabile per i cacciatori la prima domenica della stagione. Una giornata caratterizzata anche dalle prime sanzioni amministrative e denunce penali, vista la presenza delle guardie venatorie e dei carabinieri forestali.
L'apertura
«Se devo fare un bilancio della giornata di ieri, credo che sia comunque positivo - ha spiegato il presidente Bruni -. Chi è uscito all’alba, sia in pianura sia in montagna, non è sicuramente tornato con i carnieri vuoti. In modo particolare sono state catturate volpi e subito dopo fagiani e starne». Il presidente di Federcaccia ha poi voluto sottolineare un aspetto centrale sulla caccia. «A differenza di quello che dicono gli animalisti, il caldo di quest’estate non ha minimamente inciso sulla selvaggina - ha aggiunto -. Anzi, l’assenza di temporali e di precipitazioni ha evitato la distruzione dei nidi. Il problema è un altro: con l’agricoltura intensiva ci sono sempre meno campi incolti e questo allontana la selvaggina». I numeri. Per quanto concerne il numero degli iscritti a Federcaccia Brescia, il presidente ha parlato di «un costante calo, un fenomeno inarrestabile. Ci sono nuove leve, ma non sono sufficienti per colmare il vuoto lasciato da chi smette o dai numerosi soci che, purtroppo, sono morti durante il Covid».

Gli iscritti
Oggi, gli iscritti in provincia sono circa 11mila (su oltre 20mila cacciatori). Non pochi, ma un numero per nulla paragonabile ai 45mila degli anni ’70. La sentenza. Bruni ha puntato il dito in modo particolare contro la sentenza. «Sono rimasti a casa in tanti, soprattutto chi caccia da postazione fissa, nei cosiddetti capanni», ha spiegato Bruni. Questo perché la sentenza del Tar ha bloccato la cattura di acquatici, tordo bottaccio, beccaccino e beccaccia. Di fatto fino a fine mese si può cacciare soltanto i merli. «Un verdetto assurdo - ha continuato stizzitto - che si basa sulla relazione di Ispra, assolutamente priva di argomentazioni. Nel senso che si dice che i cacciatori potrebbero confondere alcune specie. Ma non spiegano quali. Cioè non dicono, ad esempio, con quale animale scambierei un tordo o un’anatra. Spero che Regione Lombardia intervenga prontamente con una delibera per limitare i danni causati da questa sentenza».

I controlli
Ieri non sono mancati i controlli sul territorio da parte delle guardie venatorie (leggi articolo sotto). Il referente della Sva Legambiente, Dario Buffoli, ha evidenziato che sono state comminate nella Bassa bresciana quattro sanzioni in quanto i cacciatori non avevano annotato gli animali (soprattutto volpi) catturati e una denuncia penale per aver cacciato specie che fino all’1 ottobre non possono essere catturate. Sul posto sono intervenuti sul posto i carabinieri forestali.
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