La Rizzi fulcro di un «sistema di disinformazione»

Marco Marsili, collaboratore dell'ex assessore leghista al Pirellone, sentito in Procura sulla vicenda della laurea fantasma.
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Alzo zero. «Ha sempre negato. Se potesse, negherebbe di essere Monica Rizzi. Ha gestito un sistema di disinformazione. E dietro, tutti zitti e allineati». Entra in Tribunale in largo anticipo Marco Marsili, collaboratore dell'ex assessore leghista al Pirellone. «Dopo circa un anno come estensore dietro le quinte dei suoi discorsi, sono stato assunto in Regione il 15 febbraio del 2011 e dimissionato dieci giorni dopo perché ho scritto un libro sul caso Ruby».

Atteso alle 15 nell'ufficio del pm Leonardo Lesti che lo convoca per l'indagine in corso sulla storia della laurea in psicologia che non sarebbe stata conseguita, ma messa a curriculum dall'ex assessore allo Sport, parla a ruota libera. A suo fianco il giornalista bresciano Leonardo Piccini, che ha denunciato il caso della laurea e precisa di non aver rimesso alcuna querela. «L'ho saputo da un leghista bresciano - dice - e ho fatto semplicemente una verifica all'Ordine degli psicologi».

Poi si rivolse a Marsili, allora collaboratore della Rizzi, per chiedere conto della situazione. Si sono ritrovati dalla stessa parte. Ne sono sortite le inchieste sul titolo accademico e sul presunto dossieraggio che sarebbe stato messo in atto per la candidatura in Regione di Renzo Bossi. Nella faccenda dei dossier presunti la Rizzi è indagata con altre persone con l'accusa di trattamento illecito di dati protetti.

«Non riuscivo a capire - sostiene Marsili - perché alle mie richieste di dare risposte su quella storia della psicologa, lei (la Rizzi, ndr) non volesse fare niente. L'ho compreso dopo. Poi ho collegato altre cose, come quei nomi dei candidati leghisti bresciani "fatti fuori". In ogni caso l'attività di disinformazione era sistematica. Tutti zitti e coperti».

e. g.

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