La pietas degli angeli dell'ultimo saluto

La storia di Laura e Sabrina, due infermiere del Civile che hanno lavorato nell'obitorio nei giorni più duri dell'emergenza coronavirus
Le due infermiere del Civile, Laura e Sabrina - Foto © www.giornaledibrescia.it
Le due infermiere del Civile, Laura e Sabrina - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Scrivo di una vicenda che ricorda gli angeli del film «Il cielo sopra Berlino», la consegno a quanti ancora credono di non essere stati seminati da un Dio minore. È accaduto nei tragici mesi primaverili, quando due infermiere hanno chiesto di svolgere il loro lavoro nelle stanze dedicate al lutto, dove nel pieno del contagio molti non volevano neppure accostarsi. Laura e Sabrina, dentro l'ospedale Civile vuoto di suoni e di visitatori, hanno provato la «pietas» che gli antichi simbolicamente rappresentavano con una cicogna, mostrando compassione per i defunti ed empatia verso i vivi annichiliti dal dolore.

Protette da camici azzurri entravano nei reparti Covid spingendo la barella, incrociando gli sguardi tristi dei pazienti e lo sconforto dei colleghi. In silenzio raccoglievano con delicatezza le spoglie mortali di uomini e donne, mentre giungevano nuove richieste del loro penoso intervento. Gli operatori assegnati alla Morgue erano sette, agivano in perfetta sinergia umana e professionale dal mattino presto fino alle dieci di sera. Essi hanno riempito due grandi quaderni, dedicando una pagina a ogni singola persona, scrivendo il loro nome e verificando con estrema meticolosità tutti i dati per scongiurare ogni possibile errore.

Anche Fratel Giovanni era sempre presente per benedire e confortare i familiari che accedevano nella Chiesa adattata come camera ardente. Qualcuno le ha definite «gli angeli dell’Obitorio», forse davano l’impressione di esserlo davvero quando percorrendo i tragitti esterni si riparavano dalla pioggia sotto teli bianchi. In quel doloroso caos hanno contribuito a preservare la dignità umana, posando con cura gli abiti sui corpi che non potevano neppure essere vestiti. Hanno collocato nei feretri gli oggetti che i parenti consegnavano con le lacrime agli occhi: lettere, disegni, gagliardetti, fotografie e anche un abito da ballo con gli strass. A volte hanno amorevolmente «rubato» i fiori dalle corbeilles funerarie per darli a chi non ne aveva, ma anzitutto hanno preteso in segno di rispetto l’elevazione della bara dagli addetti delle Pompe funebri, e loro lo hanno fatto per tutti.

Dicono che gli angeli non abbiano sesso, in questo caso sembrano assumere le sembianze di anime femminili evolute divenute un balsamo per il dolore collettivo. Dopo aver onorato tanti morti oggi Laura assapora il piacere di una normalità ritrovata nella nascita di una nipotina e Sabrina nel ritorno alle Arti marziali: la bellezza della vita continua.

 

 

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