La moglie lo accusa dell’abbandono del figlio disabile: assolto dopo 5 anni

Ha convissuto con la spada di Damocle sulla testa. Per cinque anni. Giovedì si è tolto dalla sua traiettoria. Il giudice Federico Lodi l’ha assolto da una terribile accusa, tanto più per un padre: abbandono del figlio disabile. A denunciarlo, nel 2017, nel pieno della separazione fu la moglie. Alle parole della donna e mamma del ragazzino cieco e con gravi difficoltà motorie, non hanno creduto né il pubblico ministero Antonio Bassolino, né il Tribunale. Il primo ha chiesto l’assoluzione dell’uomo, il secondo l’ha concessa con la formula più ampia perché il fatto non sussiste.
La vicenda
I fatti, per come li raccontò la signora, sarebbero accaduti a Roncadelle, nel palazzo dove il ragazzo viveva con la mamma e dove abitava pure uno zio materno. Si sarebbero verificati in un pomeriggio come tanti, almeno apparentemente. Il papà di Alessandro (il nome è di fantasia), operatore sanitario in città, quella sera - come lo stesso disse al pm, nel corso dell’interrogatorio che chiesto per chiarire la sua posizione - deve lavorare e non può accudirlo. Chiede all’ex moglie di aiutarlo e l’avvisa per tempo. Si presenta alla sua porta, con il ragazzino al suo fianco, e suona il campanello. L’uomo non riceve risposta, ma sente rumori provenire dall’appartamento. Riprova a suonare, ma non riesce ad ottenere udienza. Così, portandosi appresso il figlio, si presenta al campanello dello zio della ex moglie, che vive in un’altra scala dello stesso stabile. Lui apre, gli affida il ragazzino e lo invita ad avvisare la moglie.
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Qualche tempo dopo sono i carabinieri a bussare alla sua porta. Gli notificano una denuncia per abbandono di persona incapace: un reato che può essere punito con una condanna fino a cinque anni di carcere, con pene aumentate se a commetterlo è il genitore. Incongruenze. Inizia una lunga vicenda processuale. Secondo la ex moglie Alessandro era solo sul pianerottolo quando lo zio aprì la porta. Con lui non c’era nessuno, tanto meno il padre. Il papà prima di finire a processo viene sentito in Procura. Racconta la sua verità, spiega che Alessandro non sarebbe mai riuscito ad arrivare sin lì e che mai lo avrebbe lasciato solo.
In aula viene sentita anche la mamma del ragazzino. Il pm e il giudice le fanno presente alcune contraddizioni. Il suo racconto ne esce al punto ridimensionato da trasformarsi nell’assoluzione del padre. Che, dopo cinque anni, ora può tirare un sospiro di sollievo.
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