La generosità non ha età: Gabriele volontario attivo a novant’anni

Gabriele usa un bastone «discreto», poco appariscente. Tanto che nemmeno ci si accorge che lo abbia, se non quando lo si sente scivolare dallo schienale della sedia su cui lo ha appoggiato. Un bastone elegante che accompagna i suoi novant’anni - li festeggerà sabato 25 marzo - e i suoi instancabili passi di volontario attivo.
Afferma: «Prendo dieci pastiglie al giorno, le altre dieci si chiamano Calabrone, ovvero incontri, persone e relazioni». Il Calabrone è la cooperativa sociale fondata nel 1981 dal compianto don Piero Verzeletti per occuparsi di disagio e marginalità adulta. Nel 1994 è stata affiancata dall’Associazione «Amici del Calabrone».
Dalla pensione
Negli ultimi trent’anni di vita, da quando è andato in pensione, Gabriele Cazzuli ha donato molta parte del suo tempo al Calabrone. Una gratuità, a dire il vero, che è stata la colonna sonora dell’intera esistenza di Gabriele e della moglie Maria Teresa. «Come giovane coppia avevamo aderito alle équipes Notre-Dame, movimento laicale di spiritualità coniugale. Si tratta di un movimento di riferimento che privilegia il pluralismo, la formazione delle coscienze, la responsabilità personale, la ricchezza dell’alterità come incontro con l’altro, alla luce del Vangelo - racconta -. Nella libertà di ciascuna coppia, vi è anche quella di impegnarsi in varie attività di volontariato. Noi conoscevamo don Piero Verzeletti, all’epoca a Mompiano, che ci coinvolse nella sua realtà».
Vicini alle famiglie
Dagli incontri, dalle amicizie, dalla condivisione degli ideali, in particolare dalla volontà di condividere con altri il proprio percorso di vita, è iniziata la lunga stagione di volontariato di Gabriele. «Il nostro impegno diretto era quello di visitare le famiglie dei ragazzi che erano in comunità. Allora le regole erano molto rigide e trascorrevano anche mesi, anni addirittura, prima che i genitori potessero rivedere il figlio - continua -. Ricordo che ci spostavamo in tutta la regione. In particolare, ricordo una famiglia benestante residente in provincia di Milano. Avevano cinque figli: quattro lavoravano in azienda e uno, invece, era ospite del Calabrone. Ricordo la disperazione del padre che proprio non riusciva a capire come mai un figlio avesse tanti problemi, che gli sono stati fatali, mentre gli altri no. È stato devastante, per tutti. Ci sono state anche situazioni di grande gioia: molti nostri ragazzi ora stanno bene, hanno trovato il loro equilibrio e ricoprono posizioni lavorative di grande responsabilità».
I ricordi
Ricorda, ancora, quel giorno in cui un giovane, che ormai viveva autonomamente al di fuori della comunità, telefonò a tutti loro e il giorno dopo venne trovato in casa senza vita. Esperienze forti che si riescono a reggere solo grazie alla capacità di condividere le emozioni con gli altri. Gabriele: «Non si riesce mai a capire fino in fondo che cosa si muove nelle menti delle persone, però rimango profondamente convinto che, se anche ci fosse la possibilità di salvarne uno solo, bene, ci si deve impegnare per questo».
Nel raccontare, affiorano i ricordi di una lunga vita. Come quel giorno quando si trovava al Centro di ascolto del Calabrone in via San Rocchino e venne a sapere che una persona non sapeva dove trascorrere la notte. «Nessun problema: una telefonata a casa per chiedere se uno dei tre figli era disposto a cedere la sua stanza, certo che la risposta sarebbe stata positiva, e un letto era assicurato. Una notte, alcuni giorni, a volte anche mesi: la nostra era una casa aperta e accogliente. L’esperienza nei gruppi del nostro movimento ci ha aiutato molto ad essere attenti al prossimo e alle sue necessità».
Le priorità
Prima di essere volontario a tempo pieno, l’ingegnere elettrotecnico Gabriele Cazzuli aveva lavorato come dipendente alla Marelli e all’Ansaldo e da libero professionista alla Siemens. «Ho amato il mio lavoro, ma non ho mai avuto dubbi: al primo posto ci sono famiglia e amicizie. Lo ripeto anche a figli e nipoti che, quando si è nel pieno dell’attività lavorativa, non si devono trascurare gli altri aspetti della vita. Vivere per se stessi equivale anche a vivere per gli altri». Ed è quello che il 90enne Gabriele, a volte consigliere e confessore, quasi sempre amico e, ogni tanto, ancora direttore d’azienda, continua a fare in quelli che lui, sorridendo, chiama «lavori socialmente inutili».
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