La dignità del lavoro in treno
Ci servono effettivamente poche parole per dire che da ora invidiamo i vicini svizzeri non solo per la cioccolata e le mucche «profumate» che pascolano su prati impeccabilmente verdi e ordinati, ma anche perché viene loro conteggiato come orario di lavoro il tragitto da casa all’ufficio. Certo, solo ai funzionari ed in alcuni casi, solo se il capufficio lo consente, solo per i dipendenti pubblici, solo se si utilizzano tram, bus o treno. Però...
Subito abbiamo pensato a cosa potrebbe accadere ad un lavoratore pendolare che ogni mattina va da Brescia a Milano con il regionale. Se si considera la sola andata, ci sono giorni in cui si accumulano fino a due ore di «lavoro» sul mezzo di trasporto. Con il ritorno, il rischio reale è che siano più le ore trascorse nell’ufficio viaggiante che in quello in muratura. Una flessibilità fantastica, che già in parte esiste nel privato, e che tiene conto delle nuove possibilità offerte dalla tecnologia che ci permettono di controllare e inviare mail e contattare altre persone grazie alle molte applicazioni.
Poi, pensiamo ai nostri treni che, se non sono ad alta velocità con posti prenotati, spesso nemmeno ci consentono di sederci. E torniamo con i piedi per terra: noi non siamo la Svizzera.
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