La cùa dal farmacista e questo tempo lòfe

Cani, gatti, asini. E un baritono cultore delle trattorie
Un asino - © www.giornaledibrescia.it
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«G’hó mai fàt tanta cùa come en dei chèi dé ché». Sgranati di metro in metro aspettiamo fuori dalla farmacia. La voce stentorea del mio anteposto - torace da baritono e stomaco da appassionato cultore di trattorie - mi arriva forte e chiara da sotto la mascherina. Ho tempo da perdere e il cervello parte da solo... Cùa è naturalmente l’italiano coda, il latino cauda. Ce l’hanno gli animali ma può diventare metafora per situazioni umane. Come quando si sente dire che a laà la cùa a l’àsen sa sbàt vià l’acqua e apó ’l saù per indicare l’inutilità di una buona azione se rivolta a chi non lo merita.

Ponte fra animale e uomo ribadito - ad esempio - dal fatto che töcc i àsen i g’ha la cùa e töcc i cojò i völ dì la sùa. Nel panorama non mancano riferimenti al miglior amico dell’uomo (per el niènt el fa nà la cùa gnà ’l cà a sottolineare che la gratuità delle azioni è cosa rara) o ai felini (pö ta carèset el gàt, pö lü l’ vàlsa la cùa per dire che spesso la gentilezza viene ricambiata da arroganza).

«Cèrto - riprende il baritono riferendosi al virus - che l’è lòfe de bu. Cridìe mìa, envéce el n’è riàt sóta la cùa». L’aggettivo lòfe richiama sgradevolezza. La lòfa (anche in altri dialetti come il trentino e il napoletano, ad esempio) è la flatulenza. Qualcuno ricollega il termine alla radice germanica luft che vuol dire aria. C’è chi chiama così la vescia, fungo noto anche come scorèza de lùf. Flatulenza, quindi. Aria che da sóta la cùa se ne va. Eppure il mio dirimpettaio indicava la zona piuttosto come termometro di guai in arrivo. Per fortuna non ho più il tempo per rifletterci: il farmacista chiama il mio numero.

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