La bufera sui social indigna il personale: «L’azienda denunci»

Le infermiere contrattaccano: pioggia di selfie per esprimere l’orgoglio di lavorare nel reparto
Una delle infermiere che ha voluto condividere sui social il proprio orgoglio di lavorare nel reparto di Terapia intensiva del Civile - Foto tratta da Fb
Una delle infermiere che ha voluto condividere sui social il proprio orgoglio di lavorare nel reparto di Terapia intensiva del Civile - Foto tratta da Fb
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Chiedono all’Ospedale di intervenire. Di fare qualcosa per arginare la deriva cui si sta assistendo sui social, dove fioriscono minacce e parole infamanti nei confronti degli operatori della Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Civile dopo la notizia della morte di quattro bambini - per tre la Procura ha aperto un’inchiesta - avvenuta nella stessa settimana. E, mentre l’azienda si sta attrezzando, profilando anche una denuncia alla Procura contro ignoti, alcune infermiere sono passate al contrattacco facendosi un selfie che hanno poi postato sui loro profili facebook personali.

Maura scrive: «Sono infermiera in Terapia intensiva neonatale agli Spedali Civili di Brescia da 14 anni e ne vado orgogliosa». E si aggrega Linda. Molte le condivisioni. Ed i commenti, come quello di Jennifer: «Io ci sono stata quattro anni fa e ringrazio tutti per quello che hanno fatto. Certo sta anche alle condizioni del bimbo e penso un po' anche alla fortuna o ai nostri angeli custodi. Basta poco per far capovolgere la situazione: anche noi genitori dobbiamo attenerci a tutte le regole e stare super attenti quando entriamo lì». O di Eleonora: «In quel reparto io ho trovato una famiglia. Ero sola a combattere una cosa più grande di me e loro mi hanno fatta sentire a casa. Sono stata seduta al tavolo in cucina con tutti loro in un pomeriggio troppo pesante. Avete idea di quanto sia importante e non scontato il rapporto umano in un ambiente come quello? Medici meravigliosi hanno saputo sempre usare le parole più dolci, anche nei momenti più terribili. Mi sono trovata ancora abbracciarmi quando non credevo di essere all’altezza. Non lo scorderò mai e non smetterò mai di ringraziarvi. Siate orgogliosi del vostro lavoro e a voi tutti la mia più sentita solidarietà».

Paolo si sfoga: «Possibile accada sempre tutto al Civile? Non è che è preso di mira perché è un ospedale pubblico?» Pensieri e parole che si rincorrono, in cerca di una spiegazione. Che vada al di là del caso, del dolore, del lutto e delle sofferenze.

Il primario Gaetano Chirico e il direttore sanitario di presidio Mauro Ricca hanno incontrato tutto il personale che lavora in Terapia intensiva neonatale (una ventina solo i medici) nel pieno della tempesta. «Ci sentiamo protetti, ma vorremmo che questa protezione fosse più ampia e che ci risparmiasse gli insulti, almeno sui social - ha detto un medico -. Tuttavia, non c’è serenità. Siamo ormai alla gogna, perché molti di noi in questi giorni sono stati insultati anche per strada da chi sa che lavorano in Terapia intensiva. Ma vi sembra possibile? Sono più di cento i bambini prematuri gravi che ricoveriamo ogni anno nel nostro reparto. Alcuni rimangono con noi due, tre mesi. Diventano un po’ nostri figli. Sono stati fatti errori? Tutto è perfettibile, ma i piccoli che vivono, crescono e che tornano a trovarci sorridenti sono sempre di più. Quello che ci fa andare avanti sempre, ed in questi giorni in particolare, è la fortuna di essere tutti i giorni a contatti con i pazienti e con i loro familiari».

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