L'esperimento della Scuola Bottega: via i telefonini a tutti gli studenti

La scelta della direttrice Anna Maria Gandolfi: vengono «sequestrati» per la durata delle lezioni
CELLULARI VIETATI A SCUOLA
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Prima di Bologna, prima di Ravenna. A incidere sulle tavole della legge il divieto del cellulare in classe c’era già Brescia. L’istituto capofila della rivoluzione didattica è la Scuola Bottega, che conta tre sedi in città e due in provincia.

Qui già dallo scorso anno la scena si ripete uguale a se stessa ogni mattina alle 8 in punto: un collaboratore scolastico percorre il lungo corridoio dell’istituto alla guida di un carrello, che aumenta di peso dopo ogni aula attraversata. Le mani pigre dei ragazzi si allungano sugli scatoloni numerati per anno e sezione, che nel frattempo si riempiono di plastica e metallo. Sembra il rituale dell’offerta in chiesa durante la messa, invece è la consegna laica dell’arma di distrazione di massa.

Fautrice di un’azione tanto forte quanto discussa è la direttrice dell’istituto, Anna Maria Gandolfi, che spiega come è arrivata a prendere la decisione: «I due anni di covid hanno costretto i nostri ragazzi ad usare questi dispositivi più del dovuto. Già prima della pandemia si era parlato dell’uso degli smartphone in classe, ma l’anno scorso abbiamo deciso di sperimentare la nuova regola. Quest’anno, invece, l’abbiamo estesa a tutte le nostre sedi cittadine».

La finalità coincide con una speranza: garantire agli studenti una migliore e proficua attenzione nel corso delle attività didattiche, oltre a favorire la socializzazione e combattere le dipendenze da smartphone. E nella prima settimana di «lezioni analogiche» qualcosa sembra essere già cambiato: mentre telefoni, smartphone e tablet vengono custoditi in segreteria in un armadio chiuso a chiave, in aula le lezioni diventano più lunghe (un’ora seguita, un’ora e mezza percepita) ma più interattive. «Fanno più domande, guardano il docente in faccia. Si distraggono meno», conferma un insegnante.

Alla Scuola Bottega il diktat, dichiarato con tanto di avvisi nei corridoi, è stato condiviso con il collegio docenti e i coordinatori. «Tutti, anche i genitori, hanno approvato con convinzione», spiega Gandolfi. Ma cosa ne pensano i protagonisti? Non c’è entusiasmo, ma consapevolezza. «È una scelta giusta a livello didattico - dice Denis, 17 anni -, ma penso che ognuno sia libero e autonomo ed è responsabile se viene scoperto ad utilizzare un cellulare in classe».

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Il 15enne Alessio rivela invece come gli studenti usavano lo smartphone prima che la riconsegna entrasse in vigore: «Principalmente social, chat e giochi». E anche se riconosce che «ora le lezioni sono più interessanti» pensa che «almeno durante la ricreazione potrebbero ridarci i cellulari». Simone, già 18enne, è invece nuovo alla Scuola Bottega e ha dovuto abituarsi presto: «Non averlo è un po’ strano, ci hanno tolto un elemento che usiamo tutte le ore. Toglie un po’ di libertà, ma è sicuramente una distrazione in meno».

L’Istituto non è nuovo ad iniziative di sensibilizzazione. «Qualche mese fa abbiamo educato i ragazzi all’uso di internet, al cyberbullismo e ai pericoli che ci sono dietro i cellulari», aggiunge la coordinatrice Hajji Imane, che si dice entusiasta della prima settimana di divieto a regime. Intanto alle 14 il carrellino torna in corridoio in un percorso all’inverso. E al suono della campanella la festa è doppia.

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