Investita e uccisa al bar: condannati due automobilisti

Nell'ottobre del 2018 Lina Gorni stava bevendo un caffé sul marciapiede in via Milano
La scena dell'incidente in cui perse la vita Lina Gorni - © www.giornaledibrescia.it
La scena dell'incidente in cui perse la vita Lina Gorni - © www.giornaledibrescia.it
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Sei mesi a lei. Nove a lui. Si chiude con queste condanne il processo a carico dei due automobilisti accusati di cooperazione colposa nell'omicidio colposo di Lina Gorni, la 55enne di casa in via Milano travolta e uccisa mentre si prendeva un caffè ai tavolini del bar «Leo Gaio», a due passi da casa, di fronte al cimitero Vantiniano, proprio in seguito allo scontro tra i veicoli dei due imputati. Per il Tribunale la responsabilità è di entrambi gli automobilisti.

Solo con la motivazione della sentenza si potrà conoscere la valutazione fatta dal giudice e capire perché abbia ritenuto la condotta del conducente della vettura tamponata meritevole di una condanna più pesante di quella inflitta all'automobilista che lo tamponò e finì la sua impazzita corsa sul marciapiede dove Lina era seduta.

Stando alla dinamica agli atti i due veicoli coinvolti nell'incidente procedevano nella stessa direzione, da via Valcamonica a piazza Garibaldi. Davanti l'Alfa Romeo Mito, condotta dall'uomo; dietro la Chevrolet Matiz guidata dalla donna. Il primo si accorge che, sull'altra corsia, proprio di fronte al bar s'è liberato un posto per parcheggiare, così mette la freccia sinistra e ingombra il centro della carreggiata. Alle sue spalle, proprio in quegli istanti, arriva l'utilitaria condotta dalla signora, che non riesce a frenare, ma scarta a sinistra nel tentativo, naufragato, di evitare la Mito.

Il contatto c'è: una strisciata tra le fiancate che lancia la Matiz verso i tavolini dove, seduta di spalle, Lina Gorni non ha nemmeno il tempo di accorgersi di quello che sta accadendo. Tanto meno di mettersi in salvo. La piccola utilitaria condotta dalla signora, sale sul marciapiede, travolge la 55enne e la scaraventa all'ingresso del bar, circa 5 metri più in là. Le ferite sono profondissime, tempo poche decine di minuti e per la donna non c'è nulla da fare.

A processo il difensore della donna sostiene che il conducente della Mito abbia improvvisamente tagliato la strada alla sua assistita e che non potesse far nulla per evitarla. Quello di quest'ultimo ha invece affermato che era fermo al centro della carreggiata e che la colpa dell'incidente è della velocità con la quale la donna stava procedendo lungo via Milano. A giudicare dalla sentenza hanno torto entrambi.

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