In Francia, a 30 anni, ricercatore con posto fisso

La storia di Francesco Rossi, laureato in matematica: in Francia ha trovato certezze «senza essere un genio»
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Sei ore d’auto per trovare qualche certezza in più. Sei ore d’auto per un contratto a tempo indeterminato da ricercatore a trent’anni. Sei ore d’auto che separano Brescia e Marsiglia.

È oltre il confine con la Francia che Francesco Rossi ha gettato le basi per il suo futuro: bresciano di città ma con sangue camuno nelle vene, trent’anni compiuti in estate, si è laureato in Matematica in Statale a Milano, poi si è specializzato alla Sissa di Trieste («realtà piccola ma molto stimolante») e da lì è partito.

Per dove? Prima per la Borgogna, in Francia, dove ha seguito il dottorato a Digione, poi è stata la volta della Spagna, a Bilbao, per il post-dottorato. E poi ancora la Francia, dove Cecco ha deciso di costruire il suo futuro.

«A Marsiglia - racconta - sono ricercatore universitario a tempo indeterminato e insegno ingegneria industriale, automazione e matematica. Ci sono arrivato dopo il concorso nazionale francese per la qualificazione: passato questo step si può poi accedere alle qualificazioni successive per ottenere una cattedra locale».

L’obiettivo è la carriera universitaria, una strada che in Italia non è facilmente percorribile. «Non sono fuggito - si affretta a precisare Francesco -, ho solo scelto di andare a stare in un altro posto. Non sogno di tornare, sto bene dove sto, mi ritrovo in questa cultura e non è certo un ripiego».

In Borgogna come a Marsiglia Francesco si è sempre trovato bene, ha imparato la lingua che ora utilizza nelle sue lezioni e a trent’anni può contare su un contratto a tempo indeterminato. «In Francia esistono ancora i posti fissi per i giovani ricercatori - spiega -, non sono certo una mosca bianca. Non sono nemmeno un genio - tiene a precisare - e nemmeno il migliore nel mio campo, ho solo sfruttato una possibilità che possono avere in tanti».

Non è scappato, Francesco. Non gli piace essere etichettato come cervello in fuga, ha semplicemente scelto di cercare un posto stimolante e in Francia lo ha trovato, senza uscire sbattendo la porta. «Gli amici che ho in Italia - racconta - fanno sacrifici immensi senza grandi certezze per il loro futuro, sacrifici ingiusti che la nostra generazione non merita. Anche io ne ho fatti, ma a trent’anni ho un posto sicuro e certezze che in Italia non avrei».

Certo, essere libero di spostarsi all’estero ha fatto la differenza: a Brescia sono rimasti i genitori, le sorelle, i nipoti e la fidanzata. Libertà che magari non tutti possono avere, soprattutto più si sale con gli anni.

Il salto di Francesco lo ha premiato. Dopo il dottorato la scelta di andare a Bilbao non è stata casuale: «Era la scelta migliore - spiega -, in Italia non ho nemmeno provato perché il sistema è lento e molto burocratico. Per questo consiglio ai giovani che intendono perseguire una carriere universitaria di andare all’estero». Se non per il dottorato, almeno dopo.

Prima l’Italia è un’opzione più che valida: «La formazione universitaria italiana, fino alla specialistica, è di altissima qualità. Lo stesso vale per il dottorato». A volte, però, sia per motivi economici che anagrafici, il suggerimento è di fare quest’ultimo all’estero, dove anche il compenso è leggermente più alto.

«L’Italia è un paese bellissimo - dice ancora Francesco -, ma tende a ripiegarsi su se stesso senza desiderio di innovare. Anche la Francia deve confrontarsi con molte difficoltà, legate alla crisi e al sistema dell’insegnamento. Tutti però pagano le tasse e di conseguenza gli ammortizzatori sociali funzionano meglio. Questo fa sì che la gente abbia più certezze nonostante le difficoltà di arrivare a fine mese e non rinunci a costruirsi una famiglia».

Il futuro di Francesco è dunque in Francia. Ma non smette di tornare in Italia, meno nel primo semestre, più invece nel secondo, tra gennaio e agosto. In questi mesi si incastrano anche viaggi negli Stati Uniti, a Philadelphia, dove collabora con un ricercatore italiano su un progetto di studio di modelli per il comportamento umano.

A Marsiglia, comunque, sta bene: «È una città particolare - spiega - dove molte persone hanno origini italiane. Siamo benvoluti perché ci sono tanti ex migranti. In altre zone, però, non c’è chi ha questa visione del nostro paese e lo considera semplicemente come un posto perfetto dal punto di vista storico e culturale, ma nulla di più».

La Francia, insomma, non sarà l’El Dorado, ma con una burocrazia che funziona un po’ meglio e un pizzico di certezze in più, può essere una buona meta per coltivare la carriera universitaria.

Giovanna Zenti

g.zenti@giornaledibrescia.it

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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