«In carceri rumene condizioni disumane»: no all'estradizione

La Cassazione annulla decisione della Corte d’appello di Brescia su un 37enne condannato
L'interno del carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
L'interno del carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
AA

Per anni è stato il leitmotiv della destra italiana e della Lega in tema di sicurezza. «Far scontare nel paese di origine la condanna incassata da stranieri presenti sul territorio italiano». Per quanto riguarda la Romania, la Cassazione scrive: «C’è il pericolo concreto di sottoposizione in carcere a trattamenti inumani e degradanti». Per questo gli Ermellini hanno stoppato la consegna alla giustizia rumena di un condannato che avrebbe dovuto scontare la pena all’ombra dei Carpazi. La Corte d’appello di Brescia aveva detto sì all’estradizione, ma il procuratore generale bresciano e lo stesso coinvolto attraverso il suo legale hanno impugnato la sentenza, e ora i giudici dovranno riesaminare il caso.

È la storia di un 37enne, raggiunto da mandato di arresto europeo per l’esecuzione della pena di quattro anni di reclusione per due condanne incassate per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga e alla clonazione di carte di credito. Era destinato al carcere di Bacau, in uno dei penitenziari segnalati come pericoloso per i detenuti, «nonostante taluni miglioramenti registratisi dopo i pronunciamenti della Corte di Strasburgo e il conseguente piano di azione del Governo della Romania».

Su queste basi la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte bresciana rimandando gli atti in appello, chiedendo di formulare una richiesta di informazioni integrative in merito al trattamento penitenziario e alle condizioni delle carceri rumene e «assicurare, nel quadro dei rapporti tra Stati membri, che il consegnando non sia esposto a pericolo in ragione degli spazi disponibili all’interno delle celle, dalle condizioni igienico-sanitarie degli istituti o dell’esclusione di altre criticità concretamente manifestatesi nel tempo».

Dovrà essere valutata la disponibilità di altre strutture conformi alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. «È necessario - precisano i giudici - verificare che la persona ristretta sia detenuta in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana e che sia scongiurato il rischio di sottoposizione ad uno stress eccedente il livello di sofferenza inerente alla detenzione».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia