Imprese bresciane e donne: «Un 2020 da bollino rosso»

Il mix crisi-pandemia ha acuito problemi strutturali «Servono misure adeguate e un welfare efficace»
Donne al lavoro - © www.giornaledibrescia.it
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Sette posti su dieci persi nel 2020 in Italia erano di donne, in un paese dove già lavora meno di una donna su due. I problemi sono noti da anni ed esplosi negli ultimi mesi: le più colpite sono le occupate nei settori piegati dal Covid, le madri lavoratrici oberate dalla cura di casa e le ragazze, che oggi pagano il prezzo di due crisi economiche, quella del 2008 e quella attuale.

Brescia è lo specchio, in scala ridotta, di questa situazione.

Qui, dove già lavorava una donna su tre (229mila occupate su una popolazione femminile di 625.626 unità), nel 2020 sono andate in fumo 12mila assunzioni rispetto al 2019: gli ingressi sono stati 70.030 contro 82mila, cioè il 14,6% in meno. A fornire il dato è l’Osservatorio Confartigianato Lombardia, che ha condotto un’indagine tra 340 imprenditrici, delle quali oltre cento bresciane. Il quadro che emerge anche dal confronto con un’analisi della Camera di Commercio di Brescia dà l’occasione, proprio a ridosso dell’8 marzo, di fare un punto e individuare azioni concrete, diverse dalle consuete soluzioni tampone. Inumeri. Per capirne l’urgenza basta guardare i numeri 2020 delle imprese femminili bresciane. Su 23.867 attività, le più colpite sono quelle operative nei settori massacrati dalla pandemia, che concentrano oltre il 70% dell’imprenditoria locale femminile: commercio (23,7%), artigianato (22,4%), attività di servizi (13,3%), alloggio e ristorazione (12,6%). Nel complesso, dice la Cdc, nel 2020 sono diminuite dello 0,18% rispetto al 2019. La percentuale si aggrava tra le imprese con titolari under 35, arrivando al -5,5%, cioè 168 attività che hanno chiuso i battenti.

Nel dettaglio, il commercio femminile bresciano ha salutato dicembre 2020 con 79 attività in meno (-1,4% sul 2019), su un totale di 5.660 imprese. I servizi turistici, che comprendono la ristorazione e gli alloggi, sono calati dell’1,9%, cioè 59 imprese chiuse. Restano stabili i servizi alla persona e il mondo del wellness (parrucchiere, estetiste), che è stato fra i pochi a rimanere aperto anche in zona arancione.

Pesanti invece i dati che arrivano dal settore artigiano. Secondo la ricerca di Confartigianato, le imprese artigiane femminili bresciane e lombarde registrano un calo di fatturato nel 2020 pari a -29%, contro un -24,3% di quelle guidate da uomini. Non solo, ma la perdita scende fino a -31,2% per le imprenditrici che dichiarano di aver avuto grosse difficoltà a conciliare lavoro e cura di figli o parenti. È in questi numeri che a Brescia come nel resto d’Italia si inserisce uno dei maggiori gap che grava sul lavoro femminile, insieme alla disuguaglianza retributiva e alla bassa percentuale di donne nei posti di potere: la maternità e il lavoro di cura. Tra le artigiane, il 38,4% sostiene che la pandemia abbia reso molto difficile essere imprenditrice, cifra che sale al 41,3% per quelle che badano a persone non autosufficienti e a figli. Per andare incontro all’esigenza crescente di conciliare casa e lavoro, le imprenditrici hanno concesso più flessibilità sull’orario di lavoro alle dipendenti così come ai colleghi uomini, affinché potessero aiutare le proprie compagne in casa.

Oltre le pari opportunità. Questi numeri sono un problema non solo per una questione di pari opportunità, ma anche e soprattutto di crescita del Paese: già nel 2013 la Banca d’Italia diceva che se il tasso di occupazione femminile fosse aumentato dall’allora 46% al 60%, il Pil italiano sarebbe cresciuto del 7%. Migliorare la condizione delle donne significa infatti migliorare le cose per tutti. La politica ne è sempre più consapevole, ma serve uno sforzo collettivo. «È stato un anno nero per le nostre imprese in rosa. Chiediamo misure dal punto di vista delle facilitazioni fiscali e assistenziali per la conciliazione lavoro-famiglia» sottolinea il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti.

E le donne, cosa vogliono? Le artigiane lombarde rispondono così: sradicare gli stereotipi di genere, più donne al potere, un welfare aziendale che armonizzi vita familiare e lavorativa, ridurre il gap retributivo, e ripensare i modelli di business delle imprese.L’analisiViaggio nell’imprenditoria al femminile

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