Immigrazione, a Brescia il record di cittadinanze

Nell’immaginario comune c’è ancora lo stesso stereotipo, granitico: quello del lavoratore straniero maschio che, valigia in mano, approda in città da solo per poi ricongiungersi con la moglie. Falso: a rimboccarsi le maniche, nella metà dei casi, sono proprio le donne, le più ricercate nel mercato del lavoro se si parla, ad esempio, della categoria dei servizi, dove sono ormai diventate fondamentali. E sì, l’effetto Covid si è fatto sentire con il crollo della natalità e con una «crescita interrotta» del numero di immigrati in Italia. Ma non a Brescia: le nascite hanno seguito il trend generale, tuttavia non sono calati gli stranieri residenti. Sono semplicemente diventati, nella maggior parte dei casi, cittadini italiani a tutti gli effetti, completando il loro percorso di integrazione. Eccolo il «nostro ritratto sociale».
A restituirlo è il dossier statistico immigrazione 2021 (che riporta i dati aggiornati a dicembre 2020) firmato da Idos che, attraverso un palinsesto di dati e di raffronti nazionali e regionali, descrive una provincia accogliente e che offre stabilità. Una provincia, insomma, in cui rimanere per integrarsi nella comunità e non solo un «luogo ponte» da attraversare per raggiungere nuovi lidi in cerca di fortuna.
Se si guarda il dato netto, decontestualizzato, si arriva subito alla conclusione che - per la prima volta in vent’anni - il contraccolpo demografico si registra anche nella popolazione straniera. Non è tuttavia così. Qualche numero: Brescia accoglie il 3% degli immigrati in Italia, che rappresentano quasi il 12% (l’11,9% per la precisione) della popolazione residente nella nostra provincia: di questi, il 51,3% sono donne. Se si raffrontano semplicemente i flussi 2020 con quelli del 2019, si vedrà che la variazione in negativo è pari all’1,8%. In sostanza, si potrebbe dedurre che a Brescia ci siano 2.741 stranieri in meno.
Bisogna però considerare una variabile tutt’altro che indifferente: le cittadinanze consegnate. Che, nella nostra provincia, sono state ben 7.304: una cifra record, che va controcorrente. Il secondo dato-bussola sta proprio nella densità della popolazione straniera: 149.079 persone hanno scelto Brescia come meta prediletta, piazzando la nostra provincia quarta in Italia dopo Roma, Milano e Torino e prima, ad esempio, di altre metropoli come Bologna, Firenze e Napoli.
Questa presenza radicata si rilegge chiaramente in due macro-ambiti chiave: l’istruzione e il lavoro. Guardando ai numeri che raccontano l’anno scolastico 2019-2020 emerge che, complessivamente, nelle classi sono presenti 33.765 allievi stranieri, pari al 18,5% degli iscritti (tradotto: praticamente due studenti su dieci). Di questi, ben il 70,9% è nato e sta crescendo in Italia (dato superiore alla media lombarda, che si attesta al 68,4%) e la presenza maggiore di bimbi immigrati si riscontra nella scuola primaria (13.377 alunni, pari al 22,1% del totale di cui il 78,8% nati nel nostro Paese).
Resta, nella formazione delle superiori, uno scoglio da superare: la maggioranza degli studenti stranieri - evidenzia il dossier - frequenta ancora istituti a indirizzo professionale (31,8%) o tecnico (42,1%), mentre solo il 26,1% sceglie i licei. «C’è necessità di un supporto specifico per gli alunni stranieri, spesso in difficoltà anche per la carenza di un sostegno famigliare adeguato» evidenzia la ricerca. La pandemia, inoltre, ha visto molti ragazzi e ragazze sprovvisti di strumenti per seguire proficuamente la didattica a distanza, oltre che «costretti in luoghi di studio sovraffollati».
Quest’anno sarà quindi il più complesso, perché avrà il compito di riequilibrare il gap accumulato. Per quanto riguarda il capitolo occupazionale (per i dati di dettaglio si veda la tabella nella pagina accanto), attualmente nel Bresciano almeno un lavoratore su dieci è straniero. Ma la pandemia ha esasperato la disoccupazione delle fasce più deboli: basti pensare che, a livello regionale, il tasso di disoccupazione degli stranieri nel 2020 è più del doppio rispetto a quello degli italiani (10% contro 4,3%).
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