«Il vero choc furono le dimissioni di Giovanni Leone»

Corsa al Quirinale: l’elezione di Sandro Pertini nel racconto del bresciano Francesco Lussignoli, deputato Dc per tre legislature
Sandro Pertini, Presidente della Repubblica eletto nel 1978 - © www.giornaledibrescia.it
Sandro Pertini, Presidente della Repubblica eletto nel 1978 - © www.giornaledibrescia.it
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Un parlamentare bresciano al giorno per ricordare l’elezione del Presidente della Repubblica. La rassegna inizia con l’elezione di Sandro Pertini l’8 luglio 1978 nel ricordo di Francesco Lussignoli, deputato della Democrazia Cristiana per tre Legislature tra il 1976 e il 1987.

Onorevole Lussignoli cosa ricorda dell’elezione di Sandro Pertini?

Prima di parlare delle votazioni, vorrei ricordare il clima che si viveva nel Paese in Italia. La VII Legislatura, tra il 1976 e il 1979, per me rappresenta un periodo molto drammatico. Quegli anni sono caratterizzati dalla violenza del terrorismo, dall’omicidio Moro, dalla morte di Paolo VI e quella di Papa Luciani con la successiva elezione di Giovanni Paolo II e anche dalle dimissioni del Presidente della Repubblica, Giovanni Leone. Quest’ultimo fatto e il caso Moro furono fatti molto pesanti per la Dc che era già in grossa difficoltà dal 1975 quando aveva subito un ridimensionamento alle elezioni amministrative. Ad Amintore Fanfani era subentrato come segretario Benigno Zaccagnini, alla cui corrente facevo io stesso riferimento. Si cercò di avviare una sorta di rinnovamento e di ricambio nel partito con l’introduzione di nuovi dispositivi comportamentali per la classe dirigente democristiana.

E questo ci porta dritti allo scandalo Lockheed.

Esatto. Cominciò a girare la voce insistente che questo scandalo lambisse anche il presidente della Repubblica, Leone. Nel frattempo Zaccagnini volle che un altro bresciano, Mino Martinazzoli, presiedesse la Commissione parlamentare d’inchiesta. Alla fine sull’onda del libro della Cederna e delle inchieste de l’Espresso fu Zaccagnini a salire al Quirinale per chiedere a Leone di dimettersi. Per me fu una cosa scioccante per altro a poco più di un mese dall’omicidio di Aldo Moro. Tutta la drammaticità di quei giorni serve per inquadrare il clima con si arrivò alle votazioni per il nuovo presidente.

Il bresciano Francesco Lussignoli, deputato Dc dal 1976 al 1987 - © www.giornaledibrescia.it
Il bresciano Francesco Lussignoli, deputato Dc dal 1976 al 1987 - © www.giornaledibrescia.it

Cosa ricorda?

Da parlamentare alla prima esperienza, oggi voi giornalisti li chiamate peones, ricordo un senso di disorientamento generale. Nelle prime votazioni il gruppo sostenne senza convinzione la candidatura di Guido Gonella. Ma sapevamo che era un nome più di bandiera che con reali possibilità di elezione perché nel partito vi era la convinzione che la Dc non potesse avanzare un proprio nominativo per il Quirinale. Ma non tanto perché l’ultimo presidente era stato democristiano, ma perché il partito aveva sulle spalle la responsabilità di avergli chiesto di dimettersi. Craxi ad un certo punto indicò il nome di Sandro Pertini e alla sedicesima votazione fu eletto con un numero di consensi molto ampio.

Che valutazione può darci della presidenza Pertini?

Credo che sia stata una soluzione giusta. Il suo fu un settennato buono a livello internazionale e Pertini fu bravo a reggere e rispondere al clima nella prima parte del suo mandato. Le difficoltà dei partiti e del sistema politico sono testimoniate anche dalla fine prematura della Legislatura nel 1979. In quegli anni il Psi di Craxi cercò di beneficiare dei tentativi di dialogo tra Pci e Dc provando a porsi come regista di quel processo. Pertini nei primi anni seppe muoversi bene da Capo dello Stato in quella fase e in quella successiva con la nascita dei governi sostenuti dal pentapartito.

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Venendo all’oggi come vede la prossima elezione del presidente della Repubblica?

Fino a 7/8 mesi fa ero dell’idea che Sergio Mattarella dovesse rimanere fino alle elezioni politiche alla scadenza naturale della Legislatura con Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ora vista la determinazione mostrata da Mattarella ha di non prendere in considerazione un secondo mandato, spero che la successione si concluda nel migliore dei modi. Ma non mi chieda nomi.

(1-continua)

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