Il sindaco Del Bono: «La nuova giunta? No a fotocopie»

Verso il voto per la nuova guida della Loggia: Emilio Del Bono parla anche del futuro ruolo di Onofri
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Il filo conduttore della consiliatura è stato il concetto di «rigenerazione urbana», introdotto già sul finire dei cinque anni che lo hanno visto a capo di un’opposizione ruspante all’allora Loggia governata dal centrodestra. Il concetto si è tradotto in programma, il programma è sfioccato in obiettivi che, in modo diffuso, hanno puntellato la città concretizzandosi in azioni. E proprio come nello stile paziente dell’arte del puntinismo, anno dopo anno, il gran cantiere delle politiche firmate da Emilio Del Bono e dalla sua squadra ha definito una nuova immagine della «sua» Brescia. Tra progetti avviati (come il capitolo della bonifica del sito industriale Caffaro), punti segnati (PalaEib, conti pubblici, via Milano, ex Magazzini generali) e temi rimasti «in sospeso»: dal nodo stadio all’enigma torre Tintoretto. Un anno, il 2018, che per Emilio Del Bono (leader di una coalizione composta da Pd, Bspp, Civica per Del Bono e Al lavoro con Bs) coincide con il giro di boa di fine mandato e, quindi, con i bilanci. Amministrativi, ma anche politici.

Sindaco, con il M5s in Loggia c’è un rapporto meno burrascoso rispetto ad altre città. Come mai?

«Sì, in questi anni ci sono stati rapporti di merito e costruttivi, spesso Laura Gamba ha votato insieme alla maggioranza. E credo che questo sia dipeso anche dalla nostra collocazione politica in questi cinque anni: sui due temi cari ai pentastellati, ovvero partecipazione ed ambiente, noi abbiamo scommesso tutto. Siamo l’unica città ad avere i Consigli di quartiere in Italia e già questo è segno di una democrazia orizzontale, che abbiamo dimostrato di mettere in pratica.

Castelletti ha annunciato mesi fa non solo che il ticket politico è confermato in vista del voto, ma ha fatto anche capire che manterrebbe la delega alla Cultura, facendo storcere il naso a qualcuno...

«Con Laura si è lavorato bene: è stato un rapporto leale e collaborativo, credo che debba rimanere vicesindaco. Sulla delega discuteremo, ma credo che la continuità sulla cultura sia nella natura delle cose».

A chi intravede in questa conferma, già così definita il rischio di compromettere le trattative per allargare la coalizione cosa risponde?

«Che non compromette nulla: la nostra è una coalizione che si ripresenta alle elezioni con qualche variabile che stiamo valutando, ma resterà quella che ha governato bene e a testa bassa la città».

Lei ha scelto di non fare rimpasti di Giunta...

«Secondo me i cambi di assessori durante un mandato sono sempre un fatto traumatico, perchè è come certificare che qualcuno ha lavorato molto male. La mia squadra ha dimostrato grande abnegazione e impegno. Ovviamente in maniera diversa, perchè è vero che non tutti gli assessori hanno avuto lo stesso rendimento. Fino alla fine di questo mandato la squadra resta questa».

Sta dicendo che oltre all’uscita di scena di Paolo Panteghini, già annunciata, i ruoli degli altri assessori non saranno così scontati in un secondo mandato?

«Innanzitutto ci sono le elezioni di mezzo e non è proprio irrilevante. È chiaro che valuteremo come agire, ma la certezza è che non si parte sicuramente con le fotocopie, neppure per la Giunta. Le elezioni sono del resto anche un momento in cui si valutano i singoli assessori e la squadra: gli obiettivi nuovi, poi, possono anche necessitare di alcuni correttivi».

Il rapporto con le minoranze è molto vario: teme il possibile scontro con una figura civica del centrodestra?

«Ci sono diverse minoranze in Consiglio: abbiamo avuto un rapporto dialettico e costruttivo con il M5s e con Piattaforma civica, che sono stati una opposizione utile per la città. Col centrodestra invece c’è maggiore contrasto: la variabile è che la stessa Forza Italia non è unita ed è difficile trovare un interlocutore, tanto che la Lega è stata più moderata degli azzurri, votando ad esempio a favore del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti. Il tema di chi sfiderò non mi appassiona, spero solo che la campagna elettorale resti sul merito e che non si vada verso una campagna incattivita».

È vero che ha e sta ancora dialogando con Francesco Onofri in un’ottica di prospettiva?

«Penso che Francesco possa svolgere ancora una funzione per la città. Certo, ha già dichiarato che non sarà un protagonista politico, ma avrà ancora un ruolo per Brescia e credo che la sua collocazione sia più funzionale alla mia esperienza amministrativa rispetto a quella di un’alternativa più radicale di destra».

Il filo conduttore di questi cinque anni è stata la rigenerazione urbana: quale il passo successivo per il futuro?

«Brescia, ora, è pronta per la svolta da città importante, ma provinciale nella percezione nazionale, a città guida come esempio di buone pratiche innovative».

In concreto?

«Trasformare la città senza distinzione tra centro e periferie. Abbiamo già investito per riallacciare i quartieri al centro, ma nei borghi c’è bisogno di bellezza, di opere e di azioni che lascino il segno, cambiando la visione che nel nucleo storico ci siano scorci belli e nei quartieri no. Vorrei lasciare questo: il segno di un approccio diverso, quello che accompagna la funzionalità alla bellezza di una città che è cresciuta».

Tre progetti che saranno nel nuovo programma che presenterà ai bresciani?

«Oltre alle nuove politiche energetiche, ci saranno via Orzinuovi, Museo di scienze e una grande campagna sulla città. Quello alle porte sarà il quinquennio di via Orzinuovi: lo snodo sud sarà affrontato dalla Piccola velocità all’urbanistica, incrociandolo al completamento dell’asse ovest perchè il recupero di via Milano non è concluso con il progetto Oltre la strada. Di certo affronteremo anche la questione Museo di Scienze: i tempi sono maturi per fare una valutazione su rilancio e sede del polo. Infine, farò sicuramente una grande campagna nazionale di comunicazione sulla città».

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