Il procuratore capo di Brescia: «Nel 2023 confiscati 500 milioni di euro»

Francesco Prete sull'andamento dei reati in città e sulla giustizia, bresciana e nazionale: «Legge bavaglio? La ritengo sbagliata»
Il procuratore capo Francesco Prete - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il procuratore capo Francesco Prete - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Domani ci sarà l'apertura dell'anno giudiziario per Brescia. Alla cerimonia, trasmessa in diretta su Teletutto e visibile in streaming anche sul sito del Giornale di Brescia, parteciperà anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio.

In vista dell'inaugurazione, ecco l'intervista a Francesco Prete, procuratore capo di Brescia, per fare il punto della situazione su reati e giustizia nella nostra città. 

Procuratore, siamo alla vigilia dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario che si terrà domani alla presenza a Brescia del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Qual è l’andamento dei reati tra città e provincia?

«Abbiamo un calo di reati di sangue ed un apparente calo dei reati predatori come furti e rapine, un contenuto numero di denunce per reati contro la pubblica amministrazione, ma un elevatissimo numero di reati fiscali».

Guida la Procura dal 2020, va verso la riconferma e quindi chiuderà la carriera di magistrato a Brescia. Che fotografia scatta della realtà locale dal suo osservatorio privilegiato?

«Se prima era il soggetto criminale ad imporre la propria presenza, oggi si assiste ad un fenomeno per cui colui che cerca scorciatoie per affari nel mondo economico finanziario prende l’iniziativa e si rivolge all’esponente del crimine organizzato chiedendo o proponendo business e servizi di varia natura. In primo luogo di utilizzare fatture emesse da società cartiere per operazioni inesistenti. Dalle indagini emerge che l’imprenditore quando è in crisi di liquidità chiede prestiti agli usurai, per risparmiare sui costi del lavoro utilizza l’interposizione fittizia o si rivolge ad imprese opache. In questi casi l’imprenditore affarista non è più soltanto vittima, ma sempre più l’istigatore che ha come obiettivo il guadagno veloce».

L’aspetto che più la preoccupa?

«Emerge in maniera prepotente il coinvolgimento di cittadini cinesi nel circuito del riciclaggio. Vediamo bonifici da parte dell’utilizzatore delle fatture false verso società cartiere con sede all’estero, dove altre cartiere bonificano il medesimo importo verso soggetti che vivono in Cina e che, come ultimo passaggio, attraverso cinesi in Italia - che sono praticamente invisibili - restituiscono al primo che ha utilizzato la fattura falsa la somma depurata da una provvigione che rimane all’organizzazione. Il coinvolgimento di riciclatori cinesi rende difficoltoso l’accertamento delle responsabilità. Brescia è ormai riconosciuta come uno dei principali snodi italiani dei traffici internazionali e quindi abbiamo capito che conviene rinunciare alle misure cautelari personali, ma conta di più sottrarre il denaro ai gruppi criminali».

Brescia è la patria della fattura falsa. Quanto è stato confiscato nel 2023?

«Molti milioni di euro. Nello specifico fondo risultano entrati circa 160 milioni ed altri 15 ne sono entrati come misure di prevenzione. Se teniamo conto dei 322 milioni bloccati appena prima che venissero incassati dai truffatori dei bonus edilizi, superiamo i 500 milioni che questa procura ha ottenuto in favore dello Stato. E possiamo aggiungere sequestri e confische di beni immobili per un valore complessivo di oltre 130 milioni di euro».

A proposito di criminalità organizzata. Come si spiega il fatto che come Procura contestate l’aggravante mafiosa che però una volta a processo non viene riconosciuta e quindi a Brescia non ci sono condanne per mafia? 

«Il problema è socio-criminale e giuridico. Il 416 bis costituiva una fotografia della mafia siciliana del 1992. È cambiato il contesto tanto in Sicilia quanto soprattutto nel resto del Paese. Pretendere che l’assoggettamento e l’omertà che sono la conseguenza dell’intimidazione si misurino come un clima di oppressione diffuso nella collettività vuol dire rinunciare ad applicare questa norma. Io non riesco a dimostrare che determinati gruppi di criminalità organizzata tengano sotto scacco l’intera comunità bresciana. È una richiesta assurda e una prova impossibile. Se ci accontentiamo di provare il condizionamento di coloro che entrano in contatto con i criminali e ne subiscono intimidazione, il 416 bis ci può stare. Se invece mi chiedete di provare a Brescia uno stato di assoggettamento soffocante come era quello nella Sicilia del 1992 dobbiamo assolutamente gettare la spugna».

Cosa chiede al ministro Nordio che domani sarà a Brescia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario?

«Gli chiederemo sicuramente di dare fondo a tutte le soluzioni pur di riempire gli organici amministrativi che sono scoperti. Parliamo di carenze tra gli assistenti che raggiungono il 75%. Siamo messi male».

A livello di magistrati invece?

«È in arrivo in Procura il 25esimo magistrato su una pianta organica che ne prevede 30. La situazione è buona. Nel piano organizzativo che sto scrivendo il dipartimento soggetti deboli cambierà nome e diventerà "dipartimento violenze di genere/domestiche" e aumenteranno i pm. Dai sei attuali saranno sette».

Quali sono oggi i tempi della giustizia bresciana?

«Le do un dato. Il primo gennaio 2020 i fascicoli pendenti erano 30.730. Al 31 dicembre scorso il numero è sceso a 16.117. E dei procedimenti che arrivano oltre la metà viene definito in sei mesi. Questo è il risultato a cui tengo maggiormente. Aggiungo che siamo impegnati a sperimentare il processo penale telematico ben consapevoli delle attuali imperfezioni del sistema».

Fa discutere la cosiddetta «legge bavaglio» che il governo Meloni vuole introdurre per limitare la pubblicazione di ordinanze e atti da parte dei giornalisti. Cosa ne pensa?

«La considero una legge sbagliata. Ritengo sufficienti tutte quelle misure di selezione del materiale che dal 2017 in poi le procure fanno con molta attenzione. Non mi risultano infatti che nel mio tribunale ci siano state fughe di notizie irrilevanti processualmente ma giornalisticamente succulente. I comunicati stampa se non rispettano i paletti della legge attuale, non passano. E questo è sufficiente. Altrimenti rimettiamo in vita il rischio che il giornalista scriva cose inesatte e se le vada a cercare attraverso circuiti oscuri e quindi tanto vale agire in trasparenza».

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