Il primo impianto A2A per la plastica: come rinascono i rifiuti

Investimento da 11 milioni, tratterà 45mila tonnellate l’anno: una stampante 3D dà nuova vita ai polimeri
COME SI RECUPERA LA PLASTICA
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L’economia circolare prende corpo a Cavaglià. In questo paesino in provincia di Biella, A2A Ambiente ha realizzato il suo primo impianto per il recupero della plastica. Qui le vecchie bottiglie vengono trattate, sminuzzate e rese materia prima pronta a riprendere vita.

Per il taglio del nastro c’è anche il prototipo della nuova frontiera che l’azienda vuole sperimentare, una stampante 3D per creare nuovi oggetti dai filamenti generati dalla fusione dei polimeri recuperati.

Il progetto. Dopo l’impianto per il vetro, realizzato sempre in Piemonte, ad Asti, e l’acquisto di quattro aziende per il riciclo della carta, nel milanese, A2A sbarca nel campo del recupero della plastica, così come scritto nel piano industriale della multiutility che nei prossimi 5 anni intende investire 600 milioni di euro in impianti di recupero materia.

A Cavaglià è nato un impianto all’avanguardia, costato 11 milioni di euro, in grado di trattare 45mila tonnellate di rifiuti in plastica l’anno. I rifiuti che arrivano nell’opificio piemontese vengono prima selezionati da centrifughe e sistemi meccanici, poi analizzati da scanner ottici così da essere suddivisi in 13 tipi di plastica differenti.

In base al polimero, la plastica viene poi triturata e diventa materia prima di recupero, pronta al riutilizzo. I rifiuti bresciani. Il recupero della plastica viene gestito dal consorzio Corepla, con aste trimestrali. Non è quindi automatico che i rifiuti bresciani (raccolti da A2A) finiscano in Piemonte, nell’impianto A2A. La plastica raccolta in città e provincia (10mila tonnellate l’anno) viene portata al centro di smistamento di Castenedolo. Lì subisce una prima selezione e diventa di fatto di proprietà di Corepla. Finora era poi destinata a Montello, nella Bergamasca, in un impianto della Montello spa. Ora, in base all’esito delle gare Corepla, la plastica bresciana potrebbe finire anche a Cavaglià per essere rigenerata.

Una bottiglia, un flacone, una vaschetta qui diventeranno nuovi giochi, nuovi contenitori ma anche fibre per realizzare tessuti.

Strategia. «Siamo orgogliosi di aver posto l’innovazione tecnologica a servizio dell’economia circolare con la realizzazione di questo nuovo sito - ha spiegato l’amministratore delegato del gruppo Valerio Camerano -. Ma Cavaglià è un inizio: la nostra ambizione è sviluppare il miglior sistema di gestione dei rifiuti in Italia. Nel nostro piano industriale al 2022 abbiamo infatti previsto 600 milioni di investimenti in impianti dedicati all’economia circolare». Impianti. Il piano prevede due impianti per la plastica (Cavaglià e Muggiano), 4 impianti per l’organico (il principale a Bedizzole) e 3 end of waste, per recuperare anche gli scarti di lavorazione. Ma si punta anche sull’innovazione. Cavaglià diventerà un polo del recupero di materia, plastica, organico e scarti di lavorazione. Qui potrebbe anche nascere un impianto A2A per realizzare nuovi oggetti in plastica, sfruttando nuove tecnologie e stampanti 3D, chiudendo così il cerchio. «Abbiamo fatto della sostenibilità e dell’economia circolare un pilastro del nostro piano industriale - ha spiegato il presidente Giovanni Valotti -. I nostri risultati sono in linea con le migliori esperienze europee: meno dell’1% dei rifiuti da noi trattati finisce in discarica.

Recuperiamo tutto quanto è possibile, ma alla fine una frazione non si può recuperare: quella parte si brucia e così si ottengono calore ed energia. Ci sono territori che mandano in discarica il 90% dei rifiuti. Per noi è uno scandalo. Ma non siamo "termovalorizzatoristi" - ha continuato Valotti -. Siamo la dimostrazione che anche gestendo inceneritori si può puntare sul recupero di materia. Se tra qualche anno la tecnologia troverà una soluzione migliore, siamo pronti a cambiare. Ma oggi la termovalorizzazione è la soluzione ambientalmente migliore».

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