Il Natale degli invisibili fra solitudine e divieti per il Covid

Sarà un Natale triste come gli altri. Per qualcuno ancora di più, perché il Covid ha cancellato la possibilità dei pochi momenti di festa, come il pranzo collettivo, almeno dov’era tradizione. Per gli «invisibili» questa parte dell’anno non è mai facile. Senza tetto, tossicodipendenti, trans che esercitano il mestiere sulla strada, indigenti, l’esercito ai margini che affolla i dormitori oppure che trova rifugio temporaneo fra gli edifici abbandonati.
«Sentono il peso della festa e vengono assaliti dalla nostalgia, gli affetti sono lontani, manca loro la famiglia, dove spesso è originata la loro disgrazia», raccontano Piero e Romina, operatori del dormitorio comunale Chizzolini di via Duca degli Abruzzi. «Sono momenti difficili per queste persone e come riflesso anche per noi operatori». Nei rifugi aumentano rabbia, tensione, abuso di alcol da parte degli ospiti. «Certo, ci faremo gli auguri e taglieremo il panettone, ma niente altro», aggiungono Piero e Romina. Al Chizzolini, come negli altri dormitori, c’è il tutto esaurito. «Il freddo e la pioggia di queste settimane - dice Romina - hanno convinto anche i più recalcitranti».
All’insegna della massima sobrietà anche il Natale alla Mensa Menni e al Rifugio della Caritas. «I ragazzi stanno preparando qualcosa, ma non sarà certo come gli altri anni», anticipa Marco Danesi, vice direttore della Caritas diocesana. Non si può, e comunque il clima generale creato dal Covid non favorisce l’allegria.
Alla Dispensa Sociale di Maremosso, dice il responsabile Luigi Moraschi, la richiesta di cibo non accenna a diminuire dall’emergenza della primavera. Non ci saranno nemmeno i tradizionali pranzi di Natale e di Capodanno offerti ai senza tetto, ai drogati e agli indigenti dal Camper Emergenza. «Siamo praticamente fermi da marzo», spiega con grande rammarico la presidente onoraria Maria Rosa Losio, storica fondatrice nel 1999 con il marito Romano Damiani scomparso nel 2013.
«Sapere che là fuori, la sera, c’è gente che ha bisogno ma non possiamo fare nulla, mi fa piangere il cuore», confessa. Da molti anni la sera del 31 dicembre il tendone alzato in via Leonardo da Vinci veniva occupato da centinaia di senzatetto e di emarginati. La messa e poi il pranzo con la musica, l’aiuto dei volontari e degli alpini. La chiusura di un anno di impegno per l’associazione, ora guidata da Giovanni, il figlio di Maria Rosa e Romano.
Il Covid ha costretto nel garage il Camper che tutte le sere, dal lunedì al venerdì, durante l’anno, offriva cibo, sostegno, calore e relazioni umane agli emarginati. Migliaia di pasti distribuiti, in più l’assistenza sanitaria garantita più volte alla settimana dal Soccorso ambulanze di Roncadelle e Castelmella. Tutto sospeso. Come i pranzi domenicali da 170 ospiti nel salone delle Ancelle della Carità in via Moretto. «In settembre - racconta Maria Rosa - abbiamo ripreso con la distribuzione di sacchetti alimentari la domenica dalle suore, all’esterno, ma in ottobre abbiamo dovuto smettere di nuovo».
Adesso lei e la sessantina di volontari aspettano «che il Covid se ne vada, che finalmente si possa ritornare in strada ad aiutare chi ha bisogno. Noi siamo pronti a ricominciare». Nel frattempo Maria Rosa continua a curare le scorte alimentari conservate nel magazzino alla Noce, frutto di acquisti e donazioni. «I bresciani sono sempre generosi, pure in questi tempi difficili». Anche ieri mattina presto era impegnata in magazzino a ordinare la merce: «C’è sempre molto da fare. Del resto, il Camper Emergenza è la mia vita da 22 anni». Il prossimo Natale sarà triste. «Penso a quelli che resteranno fuori dai dormitori, perché sbandati, perché non c’è posto oppure per scelta perché non vogliono sottostare alle regole».
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