Il Muro, due mani, una rosa: Bar Oasi nella storia

Il graffito di sette amici bresciani, fatto pochi mesi prima della caduta del muro, immortalato in una foto storica
La foto che mostra ai posteri il muro di Berlino con la scritta dei bresciani - Foto Jacques Witt
La foto che mostra ai posteri il muro di Berlino con la scritta dei bresciani - Foto Jacques Witt
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Il muro non c’è più, la scritta non c’è più, il Bar Oasi non c’è più. Berlino ovviamente c’è ancora, una foto mostra ai posteri il muro con la scritta e quel gruppo di amici che si ritrovava al bar di Urago Mella può ancora raccontare com’è nato quel graffito.

Diventato leggendario grazie a una ragazza dell’Ovest che aveva deciso di donare una rosa ad una guardia di frontiera dell’Est. E grazie al fotografo dell’agenzia francese Sipa, Jacques Witt, che vide la scena e la immortalò capendone il forte valore simbolico. Witt non sapeva che tra le mani dei due scorreva la scritta «Bs Italy Bar Oasi», così come gli autori, un gruppo di diciottenni bresciani in viaggio attraverso l’Europa, non potevano immaginare che il loro lavoro, nel giro di poco tempo, non sarebbe sopravvissuto alla fine di un'epoca.

Stefano «Stecca» Guerrini, Stefano «Begno» Begnozzi, Stefano «Canaglia» Leggi, Flavio «Duca» Dancelli, Marco «Dentone» Frontalini, Ezio «Cisio» Belotti, Giacomo «Joe» Mazzucchi: i sette amici decidono di godersi l’agosto del 1989 con un interrail tra Berlino, Londra, Parigi e Conil de la Frontera, vicino a Gibilterra. Arrivati nell’attuale capitale tedesca fanno ciò che decine di migliaia di persone avevano fatto prima di loro, lasciare il segno su quel muro.

Scelgono il nome del bar in cui si incontrano, una specie di seconda casa, e prendono le bombolette nel primo negozio a disposizione. Nessuno di loro è particolarmente pratico della materia, ma la scritta esce anche bene: naïf, colorata, in posizione strategica. Poco distante c’è la Porta di Brandeburgo e uno degli ingressi per passare nella Berlino Est.

«Ci era voluta un’intera giornata - racconta Stefano Guerrini - perché le guardie venivano di continuo ad interromperci. Arrivavano con i mitra e noi eravamo costretti ad uscire fuori dalla zona di sicurezza. Poi, appena se ne andavano, scavalcavamo l’aiuola e riprendevamo a lavorare. Per le parti più alte della scritta ci tenevamo sulle spalle».

La vacanza finisce, settembre e ottobre passano rapidamente e, mentre a Urago Mella tutto scorre tranquillamente, a Berlino cambia la storia. E dal 9 novembre addio muro. Il destino del disegno è segnato, ma lo zampino di un fotografo al posto giusto quasi per caso consegna il lavoro alla storia. Jacques Witt era partito da Parigi per un reportage sui graffiti stratificati lungo la barriera tra Est e Ovest e si trova in mezzo a una rivoluzione di cui fa parte involontariamente anche il Bar Oasi e il piccolo mondo che racchiude. Quel gesto diventa un'icona, finisce in un museo e pure su una cartolina, tuttora in viaggio dal passato. Merito di una rosa, di due mani e di una domanda: «Allora, cosa facciamo quest’estate?». 

 

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