Il lungo secolo della partigiana Luigina Forcella: «L’ho vissuto molto in fretta»

Amici e istituzioni alla festa per omaggiare la centenaria che fu staffetta della Resistenza bresciana
Gina Forcella, staffetta partigiana -  © www.giornaledibrescia.it
Gina Forcella, staffetta partigiana - © www.giornaledibrescia.it
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«È passato molto in fretta, non mi sembra di aver vissuto un secolo». È ormai sera quando Luigina Forcella, giovanissima staffetta della Resistenza bresciana, si apre ad una chiacchierata, alla fine di una giornata interminabile e sfiancante persino per chi ha un terzo dei suoi anni; lei, invece, in barba ai venti lustri alle spalle, resta lucida e pacata e non dice mai di no.

L’emozione

L’occasione è d’altronde più unica che rara: spegnere cento candeline circondata da amore, stima e riconoscenza. «È stata una giornata molto impegnativa ma anche emozionante. Mi sono commossa», racconta lei col suo solito garbo d’altri tempi. Per tutta la giornata di ieri nel suo appartamento a Sant’Eustacchio è stato un vero e proprio pellegrinaggio di persone arrivate per fare gli auguri alla neo decana. La voce del compleanno di Gina si è sparsa velocemente, tanto che non c’erano solo i tanti amici della donna ma anche autorità e rappresentanti di istituzioni, a cominciare dall’Anpi provinciale, Fiamme Verdi e consiglieri comunali. Fiori, abbracci, sorrisi. E soprattutto ascolto e gratitudine. Ancora una volta la signora Forcella, partigiana sin dal 1941 fino alla fine della guerra, ha raccontato un pezzo della sua vita a chi aveva fame di memoria.

Correva l’anno 1923

Il suo primo vagito Luigina lo emette al tramonto del 1923, mentre Adolf Hitler falliva un tentativo insurrezionale e le camicie nere diventavano parte della struttura statale fascista. È il 30 dicembre e mancano poche ore al nuovo quando vede la luce nel quartiere di Sant’Eufemia della Fonte, quasi un mese dopo il crollo della diga del Gleno che aveva causato 350 morti.

L’«arruolamento»

Diciotto anni dopo la vita di «Gina» (come è ormai conosciuta da tutti) cambia: viene «arruolata» nella Resistenza da monsignor Luigi Fossati in Duomo e diventa a tutti gli effetti una staffetta partigiana: «Informavo le persone in pericolo che dovevano scappare - racconta lei -. Il mio compito era un po’ pericoloso, perché suonavo ai campanelli sui quali non c’era il nome e potevo anche sbagliare. Però mi è sempre andata bene».

Lo definisce «un po’ pericoloso», nulla di più. La postina senza lettere è oggi una delle pochissime voci rimaste a fare da megafono della memoria collettiva della Resistenza ed è oggi la partigiana bresciana più anziana. Un onore e un onere. «È sicuramente una responsabilità - conclude la centenaria -, prima andavo nelle scuole per far sì che i ragazzi assorbissero quei principi di libertà. Oggi faccio lo stesso ma più raramente. Non ci siamo pentiti di quello che abbiamo fatto». 

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