Il conto dell’Imu a Brescia è di 400 milioni

Il 18 è la scadenza ultima per il pagamento (slitta dal giorno 16 che è un sabato) della prima rata dell’Imu, dovuta in generale in ragione del 50% del dovuto, con l’adozione delle sole aliquote «base» del 4 per mille per la prima casa e dello 0,76% per gli altri immobili.
Brescia pagherà all’Imu, quindi a Comuni e Stato, un contributo sostanzioso con un totale stimato in non meno di 396 milioni. Di questi, 190 saranno versati dai proprietari di abitazioni, anche se il gettito Imu sulla prima casa dovrebbe essere inferiore al 7% del totale. Gli immobili industriali pagheranno un conto salato: 124 mln di euro.
La scadenza è certa, così come lo è la pazienza del contribuente, messa a dura prova non solo dalla troppe variabili legate alla «nuova» tassa comunale sugli immobili, ma anche al fatto che non ci saranno bollettini prestampati (attesi invece per il saldo di dicembre). Si pagherà con il modello F24, da compilare senza dimenticare che saranno i cittadini - per gli immobili diversi dalla «prima casa» e relative «pertinenze» - a determinare la quota d’imposta per lo Stato e quella per il Comune (sic). Ci voleva proprio un Governo tecnico per mettere a punto un meccanismo senza paracadute per il contribuente. Sappiamo che Caf e commercialisti saranno presi d’assedio, così come gli uffici che i Comuni (a dire il vero non tutti) hanno aperto per dare una mano ai residenti.
Il rendez vous finale sarà col saldo di dicembre (il 18) quando, oltre al saldo dell’altro 50%, si dovrà versare anche il conguaglio legato alla effettiva applicazione delle aliquote deliberate dai Comuni. I Comuni, infatti, possono modificare le quote percentuali di loro competenza sino a settembre, approvando specifici Regolamenti. In linea puramente teorica potrebbero farlo anche al ribasso, motivo per il quale non tutti gli esperti concordano nel consigliare la soluzione a tre rate sulla prima casa, comunque facoltativa (e che porterebbe a pagare il 66% del tributo sulla prima casa già al 16 settembre). Per chi in ogni caso decidesse di effettuare il pagamento sulla «prima casa» in tre soluzioni, la prima rata al 18 giugno dovrà essere calcolata per un terzo del totale, applicando l’aliquota base dello 0,4 % e le detrazioni previste (lo sconto di 200 euro complessivi, più quello di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni dimorante abitualmente e residente nell’immobile indicato come abitazione principale, fino ad un importo massimo ulteriore di 400 euro - max 8 figli).
Ad ingarbugliare ancor di più il contribuente c’è il tema - non scontato - della definizione di «abitazione principale». Questo non è un dettaglio, visto che alla definizione normativa sono legate appunto l’aliquota ridotta e le detrazioni applicabili. Per qualificare un’abitazione come «principale», ovvero prima casa, le condizioni sono due: che il proprietario vi abbia fissato la residenza e vi dimori abitualmente. Può essere che un contribuente abbia casa di proprietà a Brescia, ma lavori e viva in un appartamento in affitto a Roma. In questo caso l’abitazione bresciana non avrà le caratteristiche della prima casa. Il peggio accade se entrambe le case sono di proprietà. In questo caso nessuna delle due soddisferà la duplice condizione di abitazione principale e l’utente pagherà quindi per due «seconde case», con aliquota base dello 0,76%.
C’è poi un altro caso che lascia perplessi ed è un classico. Con la «vecchia» Ici accadeva di poter considerare abitazione principale la casa concessa in uso gratuito ad un genitore o ad un figlio. Oggi non più: la normativa Imu, infatti, non contempla tale agevolazione e non consente più ai Comuni di reintrodurla tramite Regolamento Comunale.
L’Imu, quindi, è un bel rebus, e le mille domande (ad alcune rispondiamo nella pagina a fianco) sono un’aggrovigliata matassa che si confronta con un patrimonio immobiliare che, solo nella nostra provincia, è a dir poco imponente. Secondo l’Osservatorio Bilanci degli Enti Locali di Roberto Gregori, sul nostro territorio sono censite quasi 700mila abitazioni con 582mila pertinenze.
Per molte di esse valgono i dubbi che abbiamo appena descritto e per le «pertinenze» ancora di più. Il contribuente potrà infatti applicare l’aliquota base dello 0,4% solo per tre pertinenze (appartenenti ognuna ad una precisa categoria catastale - esclusa ogni tipo di diversa combinazione). Il contribuente ha così la possibilità di conteggiare un solo tipo di pertinenza per ciascuna categoria catastale. Il box auto (C/6) è la pertinenza per eccellenza, ma lo è anche la cantina (C/2), quando non unita all’abitazione, ovvero accatastata separatamente (se un’unita all’abitazione rappresenta un grosso problema di cui diremo in un prossimo articolo). Quindi se il cittadino è felice possessore di due box auto di categoria catastale C/6 o di due cantine di categoria catastale C/2, dovrà compiere delle scelte. Solo su una cantina ed un box potrà essere applicata l’aliquota del 4 per mille. Per il resto la tariffa è piena.
Claudio Venturelli
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