Il «caso Brescia»: virus meno aggressivo, ma più contagioso

Esiste un «caso Brescia»? Perché, cioè, i bollettini quotidiani che raccontano l’andamento del contagio - in particolare nelle ultime settimane - vedono la nostra provincia sempre tra i primissimi posti per numero di nuovi casi positivi? E, poi: anche qui, tuttora, siamo oppure no di fronte a una sottostima dei dati divulgati, come sottolineato nel dossier dell’intelligence, calibrato sull’andamento nazionale?
Tutte domande che si rincorrono di ora in ora, scaturite dal teorema di cifre snocciolato di giorno in giorno e che, proprio attraverso una lettura incrociata e contestualizzata dei numeri, possono trovare (qualche) risposta.
Venerdì 29 gennaio, report giornaliero della Regione, numero di nuovi casi positivi nella provincia di Brescia: 409. Oltre quattro volte tanto quelli riscontrati a Bergamo (fermi a quota 93) e solo 122 in meno rispetto all’epilogo di giornata restituito da Milano. Un andamento, questo, che - seppur con qualche sfumatura - rispecchia lo storytelling dell’ultimo periodo e che consente innanzitutto di rispondere alla prima domanda: sì, per certi versi esiste un «caso Brescia» in Lombardia.
Cioè? Sono in realtà tre i fattori chiave che determinano un numero di casi positivi tanto più alto rispetto al resto della Lombardia. Il primo in assoluto è il numero di tamponi: a Brescia, in rapporto al numero di abitanti, si eseguono molti più esami molecolari diagnostici. Il che si lega a doppio filo ad altri due aspetti che compongono il secondo fattore chiave: in primis, qui, è più facile e immediato oggi poter effettuare il tampone e, soprattutto, il virus - di fatto - sta circolando di più, ovvero sta «correndo» con una velocità maggiore. E allora ecco che causa ed effetto si mescolano e diventano a tutti gli effetti una sorta di circolo vizioso: si fanno più tamponi perché il virus circola di più e circola di più perché è più contagioso. Attenzione però: più contagioso non significa affatto più aggressivo.
Per certificarlo basta guardare l’andamento dei ricoveri e l’occupazione dei letti nelle Terapie intensive: entrambi gli scenari sono più che rassicuranti, nonostante l’impennata di positivi. A confermarlo è il direttore dell’Agenzia di tutela della salute di Brescia, Claudio Sileo: «Effettuiamo più tamponi rispetto alla popolazione residente, perché abbiamo più casi sospetti - conferma - ma al contempo non riscontriamo né un aumento dei ricoveri né una crescita degli accessi ai Pronto soccorso».
Il fatto che il virus circoli di più (cartina tornasole che si riesce ad avere perché c’è una maggiore capacità di individuare i casi, proprio grazie a un incremento dei tamponi), non si traduce cioè in un picco di malattia grave e di ricoveri. Qual è, dunque, il terzo fattore: perché a Brescia il virus circola di più? A contribuire è la presenza, già riscontrata in diversi casi, della variante inglese.
«La caratteristica di questa variante - precisa Sileo - non sta nella modifica della gravità clinica della malattia, ma proprio nella maggiore capacità di diffusione». Tanto che la gran parte dei nuovi positivi sono asintomatici, oppure presentano sintomi lievi. A maggior ragione, quindi, proseguire con una massiccia campagna di tamponi diventa prezioso: farli, significa mettere in campo un’azione di contenimento.
A rintracciare la variante inglese nel Bresciano sono stati i laboratori dell’ospedale Civile e dell’Istituto Zooprofilattico. Lì, ogni settimana - spiega Sileo - si analizzano cinque tamponi random e, in entrambi gli studi, in un caso su cinque è stata riscontata la mutazione. La variante inglese, insomma, è più diffusa di quanto si pensi, anche perché - a cascata - riguarda poi tutte le persone in contatto con la persona positiva. Un grande peso sul numero dei nuovi positivi, infine, lo riveste la fascia dei giovani: «Oltre il 30% dei casi riguarda la fascia d’età compresa da zero a trent’anni» evidenzia Sileo, che rimarca: «È importante, soprattutto per il mondo della scuola, sfruttare l’autopresentazione per effettuare il tampone molecolare, perché a differenza di quello rapido è dirimente e fornisce un referto sicuro».
Infine, la risposta all’ultimo dubbio: anche a Brescia, come a livello nazionale, c’è il rischio di una forte sottostima dei casi dovuta proprio al conteggio degli esiti dei tamponi rapidi, che spesso restituiscono falsi negativi? No. Perché né Brescia né la Lombardia hanno mai accorpato i due dati. Sono cioè stati sempre presi in considerazione i numeri dei tamponi molecolari diagnostici. Solo dal 15 gennaio, su indicazione della circolare ministeriale, è stato aggiunto anche il conteggio dei test rapidi, conteggio che resta però «scorporato» nei report di casa.
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