Il cappello spagnolo e le previsioni meteo

La riflessione a partire da un detto bresciano sull'uso del cappello
Gabriele D'Annunzio con la paglietta
Gabriele D'Annunzio con la paglietta
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L’importanza del cappello. Non solo come capo d’abbigliamento, ma come segnale sociale. I nostri nonni mai sarebbero usciti di casa senza cappello, e mai sarebbero entrati in una casa d’altri col cappello in testa. Ce lo ricorda la signora Nora, che con un gradevolisso biglietto manoscritto ci segnala un proverbio che fa capolino dalla sua lunga memoria: «Nomösta dal capèl se conós i siori» (per riconoscere i veri signori basta guardare il cappello). Bellissimo quell’avverbio iniziale nomösta, che è formato da nóma e östa e che letteralmente tradurrei in maniera rafforzativa con solo proprio (così come nomadès vuol dire proprio ora). Nomösta è desueto e aulico (lo usava Canossi), a me risuona più familiare l’asciutto nóma. Si tratta di un segno lasciato secoli fa nel nostro dialetto dalla presenza spagnola. In castigliano l’avverbio solamente si rende con nomàs, in catalano con nomès.

A proposito di copricapi. La memoria mi riporta berèt e berèta. Ma anche un (credo) raro chiribìri che era il basco blu - spesso smunto - che i famèi calcavano in testa nel lavoro in stalla. Il termine forse fa riferimento a una famiglia di piloti e costruttori d’auto - i Chiribiri di Torino, appunto - di inizio Novecento. A voi vengono in mente altri termini - o altri proverbi - dialettali per il copricapo?

Il cappello, dunque. Che esprime signorilità anche quando viene usato come strumento (più filosofico che scientifico) per le previsioni meteo. Dicevano i nostri nonni cittadini: «Quand la Madaléna la g’ha ’l capèl, o che fa bröt o che fa bèl». Ci azzeccavano quasi sempre.

 

 

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