Il biotestamento e il fine vita, tra cura e accanimento

La trasmissione in onda su Teletutto ha puntato i suoi riflettori sulla legge recentemente approvata
IL FINE VITA A "MESSI A FUOCO"
AA

Sulle note di «Liberi Liberi» di Vasco Rossi scorrono le immagini di Piergiorgio Welbi, Luca Coscioni, Eluana Englaro e Dj Fabo, le cui storie personali hanno portato il Parlamento italiano a varare una legge sul biotestamento, che ha ricevuto il via libera in Senato lo scorso 14 dicembre.

 

 

 

Uomini e donne diventati simbolo di una battaglia condotta per tanti anni a sostegno del diritto all’autodeterminazione della persona che, in condizioni di malattia irreversibile, possa scegliere di interrompere le cure.

La copertina di Messi a Fuoco, il talk show condotto da Andrea Cittadini in onda tutti i venerdì su TeleTutto, è dedicata a loro e apre una puntata il cui titolo, «Fine vita, tra sofferenze e leggi», introduce la delicatezza del tema trattato con tre esperti: Giovanni Zaninetta, direttore dell’Hospice Domus Salutis, Angelo Bianchetti, presidente della Commissione di Bioetica dell’Ordine dei Medici di Brescia e Federico Nicoli, bioeticista.

 

In studio. Andrea Cittadini, al centro, ieri con gli ospiti di «Messi a fuoco»
In studio. Andrea Cittadini, al centro, ieri con gli ospiti di «Messi a fuoco»

Durante la puntata vengono sviscerati pregi e difetti di una legge «approvata forse troppo in fretta», viene più volte ripetuto in studio, «che se da una parte non aggiunge molto a quanto già previsto dal codice deontologico e dalle disposizioni esistenti - afferma Zaninetta - introduce una novità importante: le disposizioni anticipate di trattamento, la possibilità cioè per il paziente di scegliere i trattamenti sanitari in casi di malattia irreversibile».

Sono i cosiddetti Dat, che, secondo il dottor Bianchetti, presentano due limiti: «Il modo in cui vengono raccolti, senza cioè la presenza di un medico, e l’assenza di temporalità, di un limite oltre il quale le disposizioni andrebbero riviste».

Di «zona grigia» ha parlato il professor Nicoli, ombre proiettate in quel campo nel quale è difficile vedere dove finiscono le cure e comincia l’accanimento terapeutico, argomento che dovrebbe giustificare l’autodeterminazione della persona a chiedere l’interruzione delle cure. La testimonianza. In trasmissione è intervenuto anche Marco Cappato, oggi a processo con l’accusa di istigazione al suicidio per aver accompagnato Dj Fabo in Svizzera a morire, che ha giudicato una buona legge quella approvata ma ancora monca, per l’assenza dell’eutanasia, la possibilità cioè di «somministrare al paziente che lo richiede una sostanza letale che provochi la morte senza sofferenze».

Una posizione in netta contrapposizione con l’idea espressa da Paolo Marchiori, referente provinciale dell’Aisla, da tredici anni malato di Sla.

«Non voglio mollare - ha detto ad Andrea Cittadini - Dopo la disperazione totale provata appena saputo della malattia, ho ricevuto il dono della fede che mi dà speranza ogni giorno». Non giudico che sceglie di morire. Io amo la vita».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia