«I pazienti sono come i nostri nonni»

Sara, infermiera, racconta di una donna di 90 anni che in isolamento, non più autosufficiente, piange e vorrebbe solo tornare a casa
La Terapia intensiva del Civile - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
La Terapia intensiva del Civile - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Prosegue la pubblicazione delle testimonianze di «Cuori in prima linea»l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e Intesa Sanpaolo: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital per il personale sanitario e la possibilità per gli operatori che hanno affrontato la pandemia in tutta la sua durezza - professionale e psicologica -, di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare.

Le storie possono essere inviate all'indirizzo email cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.

«Ciao nonna sono Dodò. Purtroppo non posso vederti o parlarti al telefono, mi manca tanto la tua voce. Se ti riprendi prometto di mangiare i tortelli e i passatelli». Dodó è il nipote di «A», una bella vecchietta di 90 anni. «A», nonostante l’età, ha sempre fatto tutto da sola ed è sempre stata lucida e presente a se stessa; «A», ora, come tutti i nostri pazienti, è in isolamento e le pratiche a cui deve essere sottoposta non le permettono di lavarsi e mangiare da sola; l’isolamento e l’ospedalizzazione la stanno confondendo, piange e vorrebbe solo tornare a casa, abbracciare i suoi nipoti, i suoi figli, i suoi parenti.

«A» ha novant’anni, ha fatto la sua bella vita è vero, ma il cuore freme lo stesso, la sua famiglia è in pena comunque, non poterla sostenere deve essere straziante in egual modo. «A» è soltanto una delle tante persone che stanno vivendo questa situazione, le uniche facce che vedono sono quelle di noi operatori sanitari; siamo forti, vedo tutti i miei colleghi tener duro per loro e non abbandonare nessuno, ma ogni giorno ci portiamo dietro il peso dei nostri timori, delle nostre ansie, delle lacrime di «A» e di tutte le persone di cui ci occupiamo. Nessuno di noi ha intenzione di esimersi da questa situazione, dotati di maschere e camici entriamo nelle stanze e stringiamo loro le mani che non hanno meno valore di quelle più giovani, in quei letti potrebbero esserci i nostri nonni, i nostri genitori o chiunque ci abbia accompagnato nel corso della vita, e non fa meno male solo perché non ci riguarda o perché non hanno meno di 60 anni.

Questo virus porta con sé la paura che vedo anche negli occhi dei medici più bravi, negli infermieri più esperti, negli oss più dediti al lavoro, siamo umani e so che dietro al nostro sorriso e alle parole che spendiamo per non far preoccupare amici e parenti si nasconde un po’ di quel timore che accompagna questo momento storico. Tutto quello che nel nostro piccolo ora possiamo fare per proteggere il prossimo, è limitare gli spostamenti, evitare agli altri il contagio perché a me magari il Covid-19 non fa nulla, ma a qualcun altro può costare la vita; io la chiamo «responsabilità civile», siate responsabili vi prego.

Sara - Infermiera a Cinisello Balsamo

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