I 270 anni della Queriniana: antichi tesori per il futuro

Il direttore Ferraglio illustra le antiche origini e le novità della civica collezione libraria
I 270 ANNI DELLA QUERINIANA
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Un compleanno a porte chiuse è una mortificazione per una biblioteca concepita fin dall’inizio come un luogo aperto, nato per favorire la diffusione del sapere nella società.

Una «pubblica Libreria»: così la Queriniana venne definita dal cardinale Angelo Maria Querini nella lettera pastorale del 23 dicembre 1745. Fu lui a donare l’edificio e la propria raccolta libraria «al popolo di Brescia», inaugurando 270 anni fa - il primo aprile 1750 - la biblioteca a lui intitolata.

Oggi la Biblioteca Queriniana è chiusa a causa del coronavirus, ma importanti testimonianze della sua storia si possono ammirare online. «Si è conclusa da poco - racconta il direttore Ennio Ferraglio - un’operazione sostenuta dalla Regione Lombardia: l’inserimento nella Biblioteca digitale lombarda (una piattaforma prestigiosa, che contiene riproduzioni digitali di materiali custoditi nelle biblioteche regionali) di 136 manoscritti medievali digitalizzati, che aprono una finestra significativa sulle nostre collezioni manoscritte».

I manoscritti sono consultabili da tutti, e particolarmente utili agli studiosi, perché sono riprodotti in alta definizione. Il patrimonio della Queriniana è stimato intorno ai 650mila volumi, ai quali va aggiunta l’ampia dotazione di documenti e materiale manoscritto, che porta a superare il milione di pezzi.

Il prezioso fondo antico, arricchitosi nei secoli, ha il nucleo originario nella biblioteca privata del cardinale: «Tra i volumi di sua proprietà - spiega Ennio Ferraglio - sono rilevanti quelli del Fondo tedesco, che il Querini acquisì nel corso di molti anni di stretto rapporto con gli eruditi tedeschi suoi corrispondenti. Molto materiale è di autori eterodossi, spesso messi all’indice, opere che non avevano nessuna circolazione in Italia. Poi vi sono intere sezioni di biblioteche acquistate dal Querini: l’insieme delle Bibbie poliglotte, ad esempio, edizioni rarissime della Bibbia in lingue e alfabeti diversi dal latino».

Lo spirito del cardinale, tuttavia, non era quello del collezionista di rarità: «Per lui i libri erano oggetti di studio, strumenti per il sapere, non andava in cerca del bel volume fine a se stesso. Questa visione si riflette nella biblioteca: essa non contiene libri legati ad interessi specifici di Querini, ma nasce e cresce fin da subito pensando al pubblico, con una visione ispirata al sapere enciclopedico del secolo dei Lumi».

Anche l’edificio, uno dei primi esempi di architettura bibliotecaria in Italia, restituisce fedelmente l’idea illuminista di biblioteca pubblica: «Un grande salone centrale destinato alla consultazione, e salette che servivano in origine a contenere collezioni di materiali non librari e ad ospitare le riunioni di circoli e accademie».

Gli scaffali di una grande biblioteca si arricchiscono sempre di lasciti rari e curiosi: pochi mesi fa Chiara Frugoni, la nota studiosa di storia medievale, ha donato alla "Queriniana" i diari originali dell’antenato Gio. Batta Frugoni, testimone a fine ’700 dei tumulti della Repubblica bresciana.

Possono inoltre emergere scoperte inattese: «In occasione di una recente mostra fiorentina su Pietro Aretino - racconta Ferraglio - ci siamo resi conto che la "Queriniana" possiede l’unico esemplare noto in Italia di un’edizione cinquecentesca di questo autore». Ma l’importanza della biblioteca cittadina non è legata soltanto alla memoria di cui essa è custode. Tiene a sottolinearlo il vicesindaco e assessore alla Cultura, Laura Castelletti: «Il suo valore giace nel presente e nel futuro: nei professionisti e negli operatori che progettano e coordinano attività e servizi, così come negli utenti, spesso studiosi e ricercatori universitari che in questo luogo elaborano riflessioni e strumenti che aprono il nostro sguardo sul futuro.

Oggi più che mai, in questo momento di chiusura forzata, possiamo affermare che ogni biblioteca, oltre ad essere un luogo di cura e custodia dei libri, è un luogo di costruzione del sapere, reso vivo e vitale da chi vi lavora».

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