Himalaya, cima sfiorata per Mondinelli e Manni

I due bresciani rinunciano dopo aver superato gli 8.000: «No all’ossigeno»
Al campo base del Makalu; Roberto Manni e Silvio Mondinelli - © www.giornaledibrescia.it
Al campo base del Makalu; Roberto Manni e Silvio Mondinelli - © www.giornaledibrescia.it
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Lo sherpa ha più volte offerto la bombola quando l’aria era ormai molto rarefatta. Ma loro, Silvio Mondinelli e Roberto Manni, hanno cortesemente rifiutato. Usare l’ossigeno non rientra nella loro idea di alpinismo.

E anche se per poco hanno mancato la cima del Makalu, la quinta montagna più alta al mondo, rientrano alla base comunque soddisfatti. Perché quello che conta certe volte non è solo la meta, il punto d’arrivo, ma anche il percorso stesso verso quella meta. E i due alpinisti bresciani, di 63 e 59 anni, lo sanno bene: hanno scelto di seguire la loro filosofia di vita. Il tentativo di scalare la grande piramide nella catena dell’Himalaya è stato giovedì.

«Le previsioni meteo forniteci dall’agenzia si sono rivelate imprecise. Siamo rimasti fermi a 7.400 metri per due giorni e questo ha influito in modo negativo sull’impresa. Il vento gelido e le temperature che arrivavano anche a -30°C hanno fatto il resto», commenta il «Gnaro» di Gardone Valtrompia, che aggiunge: «Io sono arrivato a circa 8.100 metri, ma non sentivo più i piedi: eHirano congelati, non potevo più proseguire. Roberto si è spinto fino a 8.300, ma entrambi alla fine abbiamo preferito rinunciare.

Altri nel nostro gruppo hanno usato l’ossigeno e sono arrivati in vetta, a 8.463 metri. Noi siamo contrari al suo utilizzo. E siamo comunque soddisfatti: abbiamo dato tutto quello che avevamo e abbiamo conosciuto anche nuovi amici provenienti da Argentina, Messico, Iran e altri Paesi».

Alle parole di Mondinelli fanno eco quelle di Manni: «Andiamo in montagna da 50 anni, abbiamo un’altra filosofia rispetto a chi usa l’ossigeno. Gli sherpa, come sempre, hanno insistito: ottengono dei bonus se si raggiunge la vetta. Ma io mi chiedo: che senso ha utilizzare la bombola? Tanto varrebbe prendere l’elicottero allora. Noi siamo felici così e torniamo sapendo di essere stati corretti e di avere la coscienza a posto».

I due «gnari» nelle scorse ore erano a Lukla (Nepal), a 2800 metri, da dove ci hanno telefonato: ieri si sono trasferiti a Katmandu, per confermare il volo di rientro. Arriveranno in Italia oggi o domani. Il loro grazie per questa nuova, straordinaria avventura va alla Federazione medico sportivo italiana, guidata da Maurizio Casasco, e agli sponsor che li hanno sostenuti.

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