Hacker attivi anche a Brescia arrestati grazie ad un virus

Ad incastrare il gruppo criminale specializzato in phishing è stato un virus trojan inoculato nel computer di uno dei capi
Dark web, il lato oscuro della rete -  © www.giornaledibrescia.it
Dark web, il lato oscuro della rete - © www.giornaledibrescia.it
AA

Nel giro di otto mesi aveva guadagnato oltre 1,2 milioni di euro, depredando almeno 109
persone
, la banda di pirati informatici operativa tra l'Italia e la Romania smantellata con una operazione coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Polizia postale e delle Comunicazioni in tandem con una squadra investigativa romena. Venti le persone arrestate, di cui 9 nel paese balcanico.
Come ipotizza l'indagine di Alberto Nobili, responsabile del pool antiterrorismo che si occupa anche del contrasto al cybercrime, e del pm Francesco Cajani, avevano dato vita a una banda che ha provveduto a svuotare i conti postali e online con relative carte ricaricabili delle loro vittime, grazie a una strumentazione tecnica in grado di mettere a segno facilmente «furti di identità», falsi siti 'escà di Poste Italiane, Che Banca e Banca Intesa, ed e-mail trappola. Ad incastrare il gruppo criminale specializzato in phishing è stato un virus trojan e cioè un virus inoculato nel computer di uno dei capi, che ha consentito di registrare in presa diretta e step by step l'attività della banda operativa a Milano, Brescia, Roma, Venezia, Pescara e Reggio Calabria, nonché a Bucarest.
A firmare le ordinanze di custodia cautelare eseguite in Italia è stato il gip Guido Salvini. In cella, tra gli altri, è finito Giuseppe Pensabene, uno dei capi di origini calabresi ma trasferitosi oltreconfine da dove avrebbe gestito l'organizzazione e il suo «punto di riferimento principale» su territorio italiano Salvatore Aragona (è suo il pc in cui è stato inserito dalla polizia il malaware, ndr).
I due assieme a due «abili esperti informatici» (si sta cercando un terzo tecnico) romeni, sono i promotori dell'associazione e, come è stato riferito, avrebbero avuto anche collegamenti con il clan Tegano: avrebbero coordinato l'attività illecita di una serie di complici 'sottopostì, dai «reclutatori» ai «cavallini» e le somme incassate illegalmente sarebbero state poi trasferite all'estero (anche in Spagna e in Russia) per poi rientrare come compensi dei phisher e di Pensabene.

E che la banda fosse ben organizzata lo dimostra anche un promemoria con le istruzioni ricevuto via Telegraph e ritrovato sul cellulare di uno degli indagati, l'acquisto sul dark Web di mailing list con contatti da colpire e, come ha annotato il giudice a riprova pure della caratura di alcuni
personaggi (in gran parte pluripregiudicati),la «difficoltà a scoprire i canali di comunicazione utilizzati». Il sospetto comunque è che il gruppo lavorasse da parecchio tempo - tant'è che Aragaona in una telefonata intercettata si è lasciato scappare che è «da 5 anni che faccio questo mestiere» - e poi che il numero delle vittime sia di gran lunga superiore a quello accertato: «molte centinaia, - scrive il gip - considerato che spesso le vittime non fanno denuncia e, comunque, molte sono (...) all'estero». Da qui si spiega il 'tesorettò sequestrato a uno degli arrestati in una cassaforte
a Reggio Calabria: circa 150 mila euro in contanti e 35 Rolex.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia