«Giovani, ridisegnate il futuro del mondo»

Il vescovo Tremolada: «Ci sarà molto da ricostruire, non replicate il passato»
  • La Veglia delle Palme
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«Non sappiamo come sarà il mondo tra alcuni mesi, dopo questa prova sconvolgente e dolorosa. Sarà un mondo che avrà bisogno delle vostre forze e prima ancora del vostro cuore. Probabilmente ci sarà molto da ricostruire. Occorrerà farlo insieme. Voi, cari giovani, soprattutto voi, aiutateci a farlo non tornando a replicare il passato ma aprendo la strada ad un futuro nuovo e più luminoso».

La Veglia delle Palme senza giovani, non accadeva da decenni. Eravamo abituati a quelle migliaia di giovani che, un tempo dal castello, e poi da vari punti della città, arrivavano fino in duomo per ascoltare le parole del Vescovo. Ieri sera mons. Pierantonio Tremolada ha celebrato nella cattedrale vuota, un’immagine surreale che sta diventando purtroppo abituale in questi tempi bui segnati dall'emergenza coronavirus. Partendo dalla drammatica situazione che stiamo vivendo («Il pensiero va soprattutto ai nostri ospedali, ai malati che là lottano, ai loro cari che vorrebbero assisterli e non possono, ai meravigliosi medici e infermieri che operano instancabili a rischio della loro stessa salute») il vescovo Tremolada ha accompagnato i giovani (che potevano seguirlo in televisione, su Teletutto) lungo riflessioni sul nostro stile di vita.

La prima: «Come è possibile accettare tranquillamente questa vergognosa contraddizione, che cioè 800 milioni di persone non abbiano il necessario per vivere e un numero ristretto della popolazione mondiale produca generi di consumo in misura del tutto esagerata e perciò scarti buona parte di quello che produce?». La seconda: «Come si può restare indifferenti di fronte al drammatico allarme che ci viene dai cambiamenti climatici in atto e dalle conseguenze che si prospettano per un futuro già prossimo?». La terza: «Come si deve interpretare il fenomeno sconcertante del calo della natalità proprio nei paesi dove il benessere economico è maggiore?» Per il vescovo «segnali evidenti di uno squilibrio e di uno scontento». «Ne ho ricavato una convinzione personale che vorrei esprimere così - ha detto mons. Tremolada -: ci siamo incamminati ormai da molto tempo su una strada sbagliata e pericolosa. Abbiamo pensato che la qualità della vita dipendesse prevalentemente, se non esclusivamente, dall’economia e dalla tecnologia. Ci siamo lasciati ispirare, più o meno consapevolmente, da questo principio: si vive bene là dove il potere di acquisto è più alto, dove la quantità e la varietà dei prodotti è maggiore e dove la tecnologia è più evoluta».

«Improvvisamente - ha concluso - ci siamo resi conto che ogni vita è un valore, che da soli non ce la si fa, che una parola amica è preziosa quanto l’ossigeno che respira, che la vera libertà non è fare quello che si vuole ma quello che si deve, con generosità e coraggio. La comunione, la solidarietà, la dedizione, insieme con la responsabilità, la determinazione e la costanza ridisegnano il profilo di una società che potrà essere decisamente diversa da quella attuale.

 

 

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