Giornata in memoria delle vittime del Covid, 5.600 quelle bresciane

Conservare e rinnovare il ricordo. Per onorare le 5.600 persone che tra città e provincia sono ufficialmente morte di Covid e per non dimenticare la sofferenza delle 520mila che si sono ammalate. Per questo oggi si celebra la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19. Il 18 marzo non è stato scelto a caso dal legislatore, perché proprio di quel giorno del 2020 resta incisa negli italiani, e non solo, l’immagine dei mezzi militari che da Bergamo trasportavano le vittime falcidiate da un virus allora ancora sconosciuto. In quell’immagine è racchiuso il dramma dell’intera pandemia.
Un dolore profondo, che le statistiche, pur nella loro preoccupante fotografia, faticano a rendere. Anche se servono, per capire e per non dimenticare quello che abbiamo vissuto. Per sapere che in provincia di Brescia i decessi per Covid sono pari al 3% di tutti i morti del Paese. E nella nostra Regione, sono il 24% del totale.
Le persone contagiate dal SarsCov2 (dati aggiornati alla fine di febbraio 2020 come da tabella) nel Bresciano sono state pari al 2% del totale nazionale; in Lombardia il 16% rispetto al resto d’Italia.
Il long Covid
Ed ora, è finita? I nuovi casi consentono di voltare pagina. Forse. Perché altri dati attendono di essere esaminati per capire il peso dell’onda lunga del Covid sui nostri corpi e sulle nostre menti. E i numeri parlando di una persona su otto, ovvero, tra i sessanta e i settantamila bresciani alle prese con il «long Covid». La stima giunge direttamente da Stella Kyriakides, commissaria alla Salute dell’Unione europea che, nei giorni scorsi, nel rivelare l’entità del fenomeno, ha detto: «Insieme dobbiamo intensificare la ricerca su cause, conseguenze e trattamento, con un approccio coordinato a livello europeo». Un’emergenza ancora molto presente, sottolineata anche in un editoriale della prestigiosa rivista scientifica inglese Lancet: «Mentre il mondo è determinato a lasciarsi alle spalle la pandemia, si stima che almeno 65 milioni di persone siano state colpite dal Long Covid, problema che su scala globale, da tempo non ha ricevuto l’attenzione che merita».
I sintomi
Stanchezza cronica, respiro corto, nebbia cerebrale, difficoltà nelle normali attività quotidiane. In tre anni le persone che soffrono dopo aver avuto l’infezione sono un vero e proprio esercito. Dagli Stati Uniti si sono mobilitate sui social chiedendo attenzione attraverso il «Long Covid Awareness Day», una Giornata internazionale della consapevolezza sul Long Covid che si è ufficialmente celebrata il 15 marzo. Protagonisti i sociali con gli hashtag #LongCovidAwarenessDay e #LongCovid con immagini di attività che le persone con Long Covid non riescono più a svolgere.
Il simbolo della giornata è un «fiocchetto» a tre colori: grigio come la tristezza della pandemia, nero della solitudine e verde acqua a simboleggiare la speranza. A lanciare l’idea è stata una paziente della prima ondata che lo scorso gennaio ha dato vita a un movimento che sta crescendo e che presenterà una petizione affinché le Nazioni Unite riconoscano ufficialmente il 15 marzo come «Giornata internazionale della consapevolezza».
Fine pandemia
È finita? Una domanda che ci poniamo di nuovo, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità nei prossimi mesi potrebbe decretare la fine della pandemia. Cosa significa? Di fatto, non esistono indicatori per dire che è finita, ma di certo una pandemia termina quando non è più un’emergenza a livello globale. Del resto, i numeri sono tranquillizzanti e ieri, per la prima volta da inizio pandemia tre anni fa, sia a Brescia sia nel resto di Regione Lombardia, non c’era alcun paziente positivo al SarsCov2 ricoverato in terapia intensiva, a fronte dei quasi novecento di metà marzo 2020. Anche se, sottolinea il ministro della Salute Schillaci, «continuiamo a seguire con attenzione l’evoluzione della malattia».
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