Gabriella Feraboli di Progetto Strada ha vinto il Premio Bulloni 2022

L’ex fornaia dalla fine degli Anni ’80 lavora con la fragilità sociale del quartiere Carmine di Brescia (e non solo)
Gabriella Feraboli, operatrice sociale, davanti alla sede di Progetto Strada in Carmine - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Gabriella Feraboli, operatrice sociale, davanti alla sede di Progetto Strada in Carmine - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Credeva in un errore, quando le è stato comunicato. Eppure per chi la conosce non è una sorpresa: il contributo che Gabriella Feraboli ha dato al suo quartiere è innegabile e ora a riconoscerlo ci pensa anche il Premio Bulloni

La vincitrice 2022 è lei, l’ex fornaia che dalla fine degli Anni ’80 lavora con la fragilità sociale del Carmine (ma non solo). «Sono cresciuta lì, i miei genitori avevano una forneria: ho visto con i miei occhi come le vie cambiarono con l’arrivo dell’eroina. Stravolse un quartiere che già non era facilissimo e quindi, dopo aver aperto la prima stanza per accogliere le persone dipendenti (con l’aiuto del Comune), decisi di chiudere l’attività». 

Era il 1991, la stanza si chiamava «Il papavero», e da allora Feraboli non ha mai smesso di adoperarsi per le fragilità sociali. Per lei fondamentale fu l’incontro con don Redento Tignosini. «Lo conobbi durante un’assemblea in via Battaglie. Quest’uomo parlava di droghe e di comunità e mi fece riflettere. Da lì iniziai il mio volontariato, e poi il lavoro nella comunità sociale di Bessimo di Paitone. Il mio sogno però era tornare in Carmine: lo feci nel 1994, in piena emergenza Hiv».

Secondo Feraboli, la soluzione non erano solo le comunità: serviva aiutare la gente partendo dalla strada. E proprio «Progetto Strada» è il nome del programma da lei ideato con Piero Zanelli (lo scorso anno insignito del Grosso d’Oro dal Comune per il suo impegno) per fare profilassi direttamente nelle vie del quartiere, con profilattici e siringhe pulite. «In poco tempo - ricorda - diminuirono moltissimo gli aghi abbandonati, ma anche le conversioni da Hiv in Aids. Docce, dormitori e igiene fecero moltissimo. Brescia è molto accogliente e lo è ancora oggi», aggiunge Feraboli, «ma non mi sono fermata qui. Sono andata a Bergamo, Cremona, Crema e Mantova, creando anche lì servizi di prima accoglienza, spazi diversi dalla comunità, prime tappe in cui le persone possono fermarsi e decidere che fare».

Oggi la donna si occupa di servizi nei due istituti penitenziari di Brescia, oltre ad avere fondato il primo servizio per giocatori d’azzardo residenziale a Cellatica. Ma qual è secondo lei l’emergenza su cui puntare i riflettori?». Non bisogna abbassare la guardia sul consumo di sostanze. Si tratta di mode. E anche di Hiv non se ne parla più, ma è importante farlo (come per tutte le malattie sessualmente trasmissibili). E poi c’è da togliere lo stigma, essere solidali e garantire i diritti».

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