Francesco Braghini, addio al «cuore di Brescia»

Scout e insegnante, cantautore e animatore di iniziative culturali, si è spento a 91 anni
Francesco Braghini si è spento a 91 anni © www.giornaledibrescia.it
Francesco Braghini si è spento a 91 anni © www.giornaledibrescia.it
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Si è spento nella serata di ieri al Civile Francesco Braghini. Il cantore instancabile di Brescia e della brescianità, scout e insegnante, cantautore e animatore di iniziative culturali, e tanto altro ancora, da qualche giorno era ricoverato in Terapia intensiva, dopo esser stato ritrovato privo di conoscenza dalla moglie nel giardino di casa dove stava tagliando il prato con il tosaerba nella sua casa al Villaggio Prealpino. Avrebbe compiuto 92 anni il 25 settembre. Lascia la moglie Ernesta e tre figli.

Nato in città, nel Quartiere Mazzucchelli, abitante prima di piazza del Foro e poi del Villaggio Prealpino, era il sesto di 12 figli. Apprendista alla Breda, da autodidatta, sempre lavorando, aveva poi compiuto gli studi magistrali e si era laureato successivamente in Lettere e insegnare alle medie. Dalla famiglia ereditò la passione per il canto e per la chitarra. Dopo le prime composizioni in italiano, a partire in particolare dal 1970 compose le sue canzoni in dialetto. La più famosa dell’ottantina che portano la sua firma, è «Bressa me bèla cità», destinata a diventare nel tempo l’inno della Leonessa. «Era un vuoto che aspettava di essere riempito», dichiarò in un’intervista al Giornale di Brescia in occasione dei 90 anni. Nel 1993 con Vittorio Soregaroli ed Elena Alberti Nulli portò al Teatro Grande il récital «Gesù»

«Parte importantissima» di tutta la sua vita, diceva, è stata lo scautismo. Un’esperienza iniziata da ragazzo con l’Oratorio della Pace, proseguita poi con il gruppo Brescia 2. Poche settimane fa era stato all’assemblea della Fondazione San Giorgio alla base scout di Piazzole, Gussago, della cui acquisizione era stato uno dei promotori.

Nel darci la notizia della morte, uno dei suoi «giovani» scout che ha condiviso decenni di strada con il maestro, lo ha definito «il cuore di Brescia». 

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