«Foto Capuzzi» chiude dopo 61 anni d'attività

Con una certa amarezza Renato abbassa la serranda di via XX Settembre. Dopo 61 anni di attività.
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Si affastellano, idealmente ingiallite e polverose, una sopra l'altra. Le immagini sono (come) ricordi. Le sparpagli e a ogni alito di vento si affacciano timidi scorci di Brescia, gli anni Cinquanta, Settanta, l'ultimo decennio… Volti, paesaggi, anfratti. Immortalati, ma - ahinoi - non immortali. Foto Capuzzi, dal 1951, dopo più di sei decenni chiude. Oggi abbassa definitivamente la saracinesca di via XX Settembre 62, negozio in cui Renato Capuzzi si era spostato nel '96, dopo più di quarant'anni in corso Cavour, ove papà Francesco aveva avviato l'attività. Babbo Francesco non era figlio d'arte. Aveva imparato il mestiere, con pazienza e passione, dai Castegnati Cappellari, e l'aveva trasmesso a un giovanissimo Renato che già bimbo osservava il papà facendogli da portaborse. Porta custodie, s'intende.

Renato cresce e capisce che la sua vera vocazione, si nasconde nella camera oscura, nel processo generativo della fotografia, nel lento fluire delle fasi che portano l'artista a dar vita all'immagine perfetta. «Una foto non esce da qui se non è come dico io», garantisce. Il suo luogo d'elezione era dunque la camera al primo piano di via Cavour; al piano terra il negozio del padre. «Ma sa, poi la via è stata pedonalizzata, e abbiamo provato a spostarci». I clienti affezionati non hanno smesso di rivolgersi a Renato, ma il lavoro si è trasformato. E il fotografo vecchio stampo non ci si ritrova più e decide per la pensione. Del resto «è arrivata la tecnologia - constata amaro Renato -, la fotografia si è fatta veloce e l'arte si è persa. Per noi artigiani è uno stillicidio, la salvezza forse sta nel dirottare sulla parte commerciale…».

Ora le centinaia di lastre saranno pulite, digitalizzate, sistemate. E poi, perché no, «donate al Museo della Fotografia». A Renato Capuzzi restano i ricordi. E le soddisfazioni, amalgamate al dispiacere di questi ultimi giorni d'attività.
Raffaella Mora

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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