Forza Italia, doppio commissariamento: a Paroli la regia di Brescia e provincia

Ronzulli azzera i vertici di Fi Fontana: «È un’epurazione, ma resto». Vilardi: «Adesso inizia la stagione del dialogo»
La capogruppo di Forza Italia in Loggia Paola Vilardi e il consigliere Paolo Fontana - © www.giornaledibrescia.it
La capogruppo di Forza Italia in Loggia Paola Vilardi e il consigliere Paolo Fontana - © www.giornaledibrescia.it
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Quando Alessandro Mattinzoli - dopo due vocali lunghi in tutto due minuti - ha abbandonato la chat provinciale di Forza Italia erano le 11.49 di ieri. E ai componenti del gruppo è subito balzato all’occhio un «dettaglio»: a differenza dell’ex coordinatore provinciale, la ministra Mariastella Gelmini è ancora (virtualmente) presente. Un ulteriore motivo di scandalo nella giornata terremotata di Forza Italia Brescia.

Che l’assessore regionale fosse sulla porta - lo ammettono tutti - non era una sorpresa, ma altrettanto tutti (gelminiani e non) ammettono di aver sgranato gli occhi. Per la tempestività della decisione di lasciare il partito e per le modalità: un messaggio vocale, arrivato dopo la comunicazione affidata alla stampa, e poi subito il silenzio radio. Senza possibilità di replica, senza due parole in più, senza indicazioni su quel che sarebbe successo.

Non è durata molto, però, a dire il vero, la parentesi di suspence: la telefonata che ha sbloccato l’impasse si è palesata un’ora e poco più dopo. Il partito, tutto, dalla segreteria provinciale a quella cittadina - che fino alle 11.15 di ieri vedeva alla regia Paolo Fontana - è commissariato.

Licia Ronzulli dixit: a guidare Forza Italia arriva il senatore ed ex sindaco di Brescia Adriano Paroli. Sarà lui il «super commissario» e, viaggiando in stretto contatto con la coordinatrice regionale, avrà mani libere.

J’accuse

Lui, Fontana, lo ha appreso per vie traverse. E la reazione, pur composta, è pungente: «Prendo atto che aver chiesto un direttivo provinciale alla luce di quanto successo sia stato visto come una lesa maestà e dal liberal popolare quale sono rimango perplesso. Questo commissariamento è avvenuto con decisione repentina e non condivisa: avrei preferito fosse stato indicato qualcuno più vicino al territorio come uno o una tra i nostri bravi sindaci».

Dice «nostri» Fontana e fa capire che lui nel partito ci resta, almeno per il momento. «Vista l’epurazione in corso sarà importante il primo incontro con il commissario dai "super poteri" - ironizza -. Attendo di capire quali prospettive ci sono e chiederò che i futuri parlamentari bresciani siano scelti dai militanti e dagli amministratori locali». Parla di epurazione e di un metodo che «molto si avvicina all’inquisizione spagnola».

E lo sottoscrive, non mandando un messaggio chiaro sui primi atti di Ronzulli: «Questi sono metodi che nulla hanno a che fare con il pensiero liberale e con la democrazia, mi stupisce anzi che Paroli si presti a queste modalità».

Il clima è tesissimo. Al punto che c’è chi parla di «cellule dormienti ancora presenti nel partito», riferendosi a chi è da sempre vicino alla Gelmini. Ci si aspetta che la slavina degli addii non sia finita qui, insomma: dopo Mattinzoli e Stefano Masneri, sull’elenco dei papabili c’è ancora più di qualche nome. Per ora nessun altro ha azzardato il passo definitivo, «ma del resto - fa notare più di qualcuno - anche Mattinzoli si pensava rimanesse per un altro po’». N

Nell’elenco dei più vicini alla ministra ci sono Fontana, Albano Bianco Bertoldo, Roberto Tardani, Roberto Toffoli e Vigilio Bettinsoli anche se è stato molto critico nell’ultimo periodo.

Nuova fase

Di tutt’altro tenore il sentimento dei «paroliani». A partire dalla capogruppo in Loggia, Paola Vilardi: «Il coordinamento del 30 era stato comunque convocato a babbo morto, perché da tempo si sapeva che Gelmini lavorava per un percorso con Carlo Calenda, tanto che ha già ufficializzato il suo ingresso e queste operazioni non accadono in due giorni».

Vilardi ne fa anche una questione di stile: «Mattinzoli ce lo ha comunicato con un vocale dopo aver parlato con la stampa, la ministra invece neppure ci ha rivolto la parola. E chi è della prima ora di bocconi amari di questo tipo ne ha dovuti subire parecchi: questi sono i metodi che Gelmini ha sempre utilizzato. È per me incomprensibile e ingiustificabile chi se ne va da FI oggi dicendo di non riconoscere un partito che ha gli stessi valori dal 1994: questo significa rinnegare la propria appartenenza saltando nel centrosinistra. A tradire è chi se ne va, non chi resta».

La capogruppo si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa: «Ho sempre pensato che prima o poi questo sarebbe successo, perché chi di spada ferisce di spada perisce». Quanto al nuovo commissario, non ha dubbi: «Sono certa che Paroli saprà svolgere al meglio il ruolo: è nota a tutti la sua indole dialogante nel partito».

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