Ettore sulle mura e Caino in farmacia

Una pastiglia di vergogna al giorno. Da prendere al mattino a stomaco vuoto. E se fosse questa la miglior medicina per rimanere umani? Il dubbio mi gira in testa dall’altro giorno, da quando in farmacia davanti a me c’era una biancocrinita signora del mio paese che spiegava al bancone: «Madóna mé, con töte chèle midizìne ché che ma dà zó ’l dutùr, g’hó quasi argògna...».
Pronta la risposta della farmacista: «Madìo Angela, ma quàla argògna? Gh’è de ’ìga argògna apéna a fà del màl». Non c’è vergogna se non nel far del male.
La frase mi rilancia indietro di 2.800 anni, all’Iliade di Omero: nel sesto canto Ettore incontra sulle mura di Troia la sua Andromaca che tiene fra le braccia il figlio Astianatte, e le spiega di non potersi sottrarre al proprio dovere di guerriero: «Ho troppo vergogna dei Troiani e delle Troiane dal lungo peplo se resto come un vile lontano dalla guerra».
Vergogna (aidòs nel vocabolario omerico) è non compiere il proprio dovere, è sottrarsi al proprio compito nella comunità. È non difendere la città, non aiutare i deboli, non dare secondo le proprie capacità, non pagare le tasse. Oggi vedete qualche evasore vergognarsi? Eppure l’uomo è - nella sua essenza - un animale vergognoso.
Lo racconta Achille Platto nel suo Caino e Abele con la condanna che Dio infligge al fratricida: «... le bèstie (...) le còpa sensa ardà se le fa bé / e mé ’na bèstia ta faró dientà! / Ma có la ergogna de sintìt cristià...». Le bestie uccidono senza colpa, l’uomo (el cristià) fa i conti con la coscienza e con la comunità. Insomma, a noi umani la vergogna dovrebbero distribuirla in farmacia: una pastiglia al giorno a stomaco vuoto...
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