Enrico Vergine lascia dopo 55 anni, da lui anche Maradona

Sulle poltrone del barbiere nel corso degli anni si sono seduti Nicoletto, Almirante, Beretta e Lucchini
Il bresciano Enrico Vergine - © www.giornaledibrescia.it
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Quota cento fa sorridere Enrico Vergine, barbiere di via Gramsci, giunto a quota 125 (70 di età più 55 di lavoro) e che chiude il rasoio lasciando spazio all’ex dipendente Paolo Borghini.

Aveva quattordici anni (era il tre marzo 1955) quando entrò nella bottega di Angelo Ferrari (che a metà anni Sessanta diede vita alla Scuola Acconciatori) ed ora smette: potrà dedicarsi al teatro, arte nella quale ha calcato il palcoscenico della Logetta ed alla finanza «anche se - commenta malizioso un suo cliente - non ci ha mai detto quando guadagna e quando perde».

Il barbiere è un confessore laico: sente tutto ma non dice niente. Se non qualche nome: dalla bottega è transitata una buona parte del mondo economico, soprattutto quello d’un tempo che la domenica mattina si ritrovava al bar Adria di via X giornate e si confrontava - negli anni del boom - sul numero dei dipendenti, sull’ammontare del fatturato e sugli utili. Indici che gli ingegneri della contabilità oggi inorridirebbero dopo che la chimica della contabilità si è inventata margini operativi lordi ed ebitda, indici più idonei a tener sotto controllo i conti d’impresa.

«Non faccia nomi» ci chiede il barbiere originario di Seniga. Difficile accontentarlo. Poiché il rasoio non ha colore politico, la bottega di via Gramsci era bipartisan: da sinistra andava a farsi tagliare i capelli Italo Nicoletto, da destra Giorgio Almirante; dal centro (sinistra) Mino Martinazzoli con le sue battute taglienti più del rasoio di Enrico che, quando l’ex ministro della Giustizia era sul finire dei suoi giorni, andava a Caoinvico a tagliare i capelli allo «strano democristiano» (cit. dal titolo del libro di Annachiara Valle per Rizzoli) per un impegno che si concludeva con il tè.

Sulle poltrone di via Gramsci si sono seduti Luigi Lucchini, Pier Giuseppe Beretta, Francesco Wuhrer, Attilio Camozzi, il board della Finbrescia che in piazza Moretto aveva la sede, costruttori e finanzieri, piuttosto che Diego Armando Maradona che soggiornava con il Napoli al Vittoria piuttosto che gli attori o i cantanti impegnati al Grande o pittori che esponevano nelle gallerie del centro talmente numerose da richiamare in un racconto sulla città l’attenzione di Indro Montanelli.

Premiato dalla Confartigianato nel 2006 per l’attaccamento all’organizzazione Enrico Vergine ricorda «fino a 25 anni ho viaggiato per concorsi all’estero con esperienze a Londra, Barcellona e New York», aggiungendo «che il ricordo più bello sono i ventisei giovani di bottega che negli anni sono cresciuti nel mio negozio e che hanno aperto altrettante attività: da Manerbio a Quinzano, da Pontedilegno a Rovato o Castenedolo. Ora lascio, in silenzio, dopo un anno difficile». Insomma come nel Barbiere di Siviglia «…bravo bravissimo a te fortuna non mancherà».

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