Elena Alberti Nulli e le sue novantacinque primavere del cuore

Compleanno importante per la decana dei poeti di terra bresciana, che continua a dispensare garbo, affabilità e devozione al bello
Elena Alberti Nulli, poetessa anche su Facebook
Elena Alberti Nulli, poetessa anche su Facebook
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La poesia è vita, forse perché si rivela trasparente lavacro dell’anima e del cuore che resiste al tempo e allunga i giorni. Chiedere a Elena Alberti Nulli, la decana dei poeti bresciani contemporanei, che venerdì 10 settembre ha staccato il tagliando sterlucente delle 95 primavere, bella e sempre ispirata, nella sua terra di uve soavi, dell’erba e delle viti tremanti al soffio anche d’una minima luna…

Beh, sì, la poesia, lasciamola tutta a donna Elena! Poetare significa creare due volte perché riproduce, sublimandoli, sentimenti, visioni, immagini… immaginate, altrettanti, discreti ospiti del cuore. Elena continua a dispensare, con le mani di seta dell’anima, il garbo, l’affabilità, la devozione al bello di quell’inesauribile surtìa che è la sua fantasiosa mente, fra intrighi del sentire di ieri, la curiosità del presente, un’ombra tenue del futuro. Poetessa, scrittrice, cantatrice della Brescia intima e sfacciata, delle stagioni, dei giorni andati e in corsa, dell’allegrezza e delle cesure meditative, della Natura che disvela, a chi sa cogliere, il silenzioso grido di quanto il divino sia ovunque, ma soprattutto nella poesia.

Elena, pur non mancando sue incursioni in Lingua, ha spiegato le vele al soffio lungo del dialetto nostro, scultura gagliarda di parole in versi, di suoni duri che si sfantano nel sorprendente lirismo d’un idioma, addirittura privo dei vocaboli astratti, eppure che si piega all’ispirazione poetica, capace di travalicare qualsiasi limite linguistico. Il dialetto dunque, perfino un incontro d’incontrari, il nostro poi, più sembra rustico, più sembra greve, più riesce a sprigionare colori espressivi che non hanno eguali nella parlata italico-italiana. Elena ha davvero permeato la vita culturale bresciana della sua vena creativa: narratrice per la Sei di Torino in tempi lontani, abbandonando l’insegnamento per seguire le vie solitarie della scrittura; per anni ha tenuto una seguitissima rubrica sulla rivista Madre; intrattenitrice a Radio Voce, con ospiti, autori, poeti; memorabile il recital Gesù con Vittorio Soregaroli e Francesco Braghini, più volte rappresentato, Teatro Grande compreso; varie le raccolte di poesie, edite da Marco Serra Tarantola, dai titoli evocativi: «Pignata che bòi», «Stele de rùer», «Scarabòcc del temp» e la meno lontana antologia «Pomgranàt», senza dire dei calendari bresciani, dall’81 all’89 con le liriche dedicate ad ogni mese, poi raccolte nel volume «La lüna söi Ronc».

Con l’avvento di Facebook ecco Elena pronta ad utilizzare la stregoneria del microchip per intrecciare poesie e pensieri via etere, sospinta dai mille occhi della memoria, magari alla ricerca «dei tò bèi ócc culùr malincunia…», o nel guizzo d’una sorridente ironia alle prese con i «cüimartèi» d’una supposta penitenza per le donne le quali «de la cesa en fressa/ de töte do le bande/ le cor a ca le fonne/ a meter le mödande» o, ancora, il colpo d’ala di tenera religiosità con «la Mama del Signùr/ Che rassa de miracol/ fa sito per piàzèr/ le ma de la Madona/ le toca i me pensér». Auguri, dolce Elena, nella tua Monticelli, col ritorno instancabile dell’ennesimo ribollir dei tini sull’incipiente, amarognola dolcezza dell’autunno.

 

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