El Ciosèt: Cinzia semina futuro cercando il cavolo dei Ronchi

Le mani nella terra, a creare casa per le radici, là dove le sue di radici hanno un corso lungo, germogliato in piante secolari, attorcigliatosi attorno a tralci di vite, e fissato in un nome, El Ciosét che ora è l’inizio di una nuova storia. Cinzia Lonati è una giovane di San Gallo di Botticino, e sui declivi talvolta morbidi talaltra rugosi della frazione collinare, il 24 marzo scorso, a pochi giorni dall’inizio della primavera, ha deciso di far sbocciare il suo sogno.
«Ho aperto la mia azienda agricola El Ciosét - conferma lei, 22 anni appena e tanto entusiasmo - qualcosa che avevo in testa sin da bambina. Già alle elementari sapevo che, da grande, avrei fatto l’agraria, perché il legame con la terra per me c’è sempre stato, mi sono diplomata all’istituto Pastori. Spesso ci si dimentica che ciò che mangiamo arriva da qui, invece qui è importante tornare, e mi piacerebbe ci fosse più consapevolezza, nei grandi e nei piccoli». Che lei si augura di accogliere nel suo sito di via Val del Fo’ di Sopra, in quella che spera possa diventare un giorno anche fattoria didattica, e che intanto ara, concima, semina, seguendo poi le coltivazioni fino alla vendita diretta (dal martedì al sabato, dalle 15 alle 18.30), tutto registrato anche sulla pagina Instagram.
«Oltre a una parte di prato stabile, ci sono frutti e piccoli frutti, ortaggi e zafferano, del quale vado molto orgogliosa. Il terreno, un tempo completamente vitato, è di famiglia, appartenuto a nonni e bisnonni, erano loro ad identificarlo con ciosét, per questo ho mantenuto il nome». Per un legame con il passato e con i luoghi che la giovane ribadisce di continuo: «Alcune piante da frutto sono centenarie, altre ultracentenarie, tengo molto a loro, anello di congiunzione con una storia che ci ha lasciato tantissimo. Io ho inserito le coltivazioni, in questa stagione ci sono lattughe, zucche e zucchine, aglio e cipolle, cetrioli, melanzane e pomodori. E poi meloni, ribes, more, mirtilli, lamponi e albicocche, e i gelsi, dimenticati e snobbati dai più, ma ricchissimi, oltre che pianta tipica. C’è il fagiolo nano anellino di Brescia e sono alla ricerca delle sementi del cavolo dei Ronchi, perché vorrei valorizzare i prodotti locali».
Disseminati nella terra che lei lavora esclusivamente a mano, o con macchine manuali e che poi tratta solo con prodotti naturali di aziende certificate biologiche. «Ho poi tre apiari, con una ventina di arnie per la produzione di miele di acacia, millefiori, e di castagno. Ho alcune arnie a Serle dove punto al tarassaco, e vorrei portarne a Rezzato per il tiglio. Poi c’è lo zafferano, unicum in zona, c’è solo a Prevalle: dal centinaio di bulbi piantati quando ancora andavo a scuola, ora ne ho circa 5.000, e sono di ottima pezzatura». Perché la giovane abbia scelto una strada simile è presto detto: «Non mi vedrei in altro posto. È un lavoro difficile, ma a fine giornata non sento la fatica. E accompagnare la crescita dei prodotti, coglierli, e addentarli ancora qui è qualcosa di impagabile».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato