Ecomostri e capannoni abbandonati: ecco le quattro cattedrali di cemento da risanare

In città e provincia centinaia di siti inutilizzati oppure da bonificare. Serve l’alleanza pubblico-privato
Gli «ecomostri» sono strutture ormai abbandonate a se stesse - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it
Gli «ecomostri» sono strutture ormai abbandonate a se stesse - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it
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Vuote cattedrali di cemento. Così, sei anni fa, le avevamo chiamate in una nostra inchiesta sul territorio di città e provincia. Enormi scatoloni senza vita, ecomostri vecchi e recenti. Alcuni di quelli segnalati, come quelli descritti in questo articolo, sono ancora lì, in attesa di futuro, che sia di utile rigenerazione oppure di semplice abbattimento. Cattedrali senza più fedeli sorte in tempi diversi, alcune con un passato, altre senza praticamente storia. Senza vita da sempre.

Queste ultime sono le più recenti, dai mega centri commerciali spuntati come funghi alle aree produttive con i capannoni rimasti senza inquilini. Martedì prossimo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presenterà i dati riferiti al 2021. 

Si continua a costruire

Nel 2020, nonostante la pandemia, il cemento si era tutt’altro che fermato, divorando altri 214 ettari, come 305 campi di calcio (in Italia secondi soltanto a Roma). Nel Bresciano abbiamo utilizzato il 10,4% di tutto il territorio: 50mila ettari. Non poco se si tiene conto di laghi e montagne. Del resto, calcolando il consumo pro capite, nel 2020 eravamo in testa in Lombardia: 1,71 mq per bresciano. Centri logistici (Castrezzato e Castegnato) e cantieri Tav (soprattutto Lonato) pesano. Ma in tutti i paesi metri quadrati sono stati sottratti ai campi, con l’eccezione di Brescia che ha rinaturalizzato oltre cinque ettari. Malato. Il nostro territorio è malato. Il modello di sviluppo che ha generato le vuote cattedrali del cemento del passato lontano, all’origine della nostra industrializzazione, è ormai superato. Quello recente è sbagliato.  Allo stesso modo, sono un fallimento i capannoni artigianali costruiti fra i campi per una forma di miope investimento, sfruttando crediti agevolati o leve fiscali. C’è bisogno di un’alleanza fra pubblico e privato e di una maggiore sensibilità da parte di tutti. A cominciare dai Comuni, che, ad esempio, dovrebbero essere liberati dalle catene degli oneri come fonte di finanziamento. La possibilità, finalmente, di autonome entrate fiscali toglierebbe ogni alibi (giustificati o meno) ai nulla osta per nuova cementificazione. A beneficio delle comunità, dell’ambiente, delle imprese serie di settore, dell’economia.

A Bagnolo Mella finita la bonifica dell’ex Consorzio

Manca solo l’ok della Provincia e poi la bonifica dell’ex Consorzio a Bagnolo, l’area in centro al paese di circa 30.000 mq in cui si trovava il primo Consorzio agrario d’Italia, potrà finalmente dirsi conclusa. A inizio giugno, dopo la firma della relazione di fine lavori e dopo il rilascio della relazione tecnica di Arpa Lombardia, il Consorzio Agrario del Nordest ha presentato richiesta alla Provincia di Brescia per il rilascio della certificazione del completamento degli interventi di bonifica. Lavori eseguiti dopo la caratterizzazione del sito, avvenuta nel 2008, dalla quale emerse la contaminazione dell’area sud-est per la presenza di arsenico, cadmio, rame e piombo fino a 2,5 metri di profondità. «I lavori di bonifica si sono rivelati impegnativi e non privi di rallentamenti, derivanti da molteplici fattori, di cui il Comune ha dovuto tenere conto in questo lungo percorso», dice il vicesindaco e assessore all’Ambiente Cristina Almici.

«Siamo soddisfatti della conclusione della bonifica, con il rispetto degli obiettivi previsti nel progetto, che consentirà al privato di recuperare e utilizzare quest’area. Ricordo che la bonifica si è svolta a totale carico del privato, il Comune ha dovuto coordinare tutte le fasi dell’iter amministrativo e procedurale». Ad occuparsi della bonifica fu l’allora Consorzio Agrario Provinciale di Brescia, proprietario dell’area durante tutto il periodo di attività del sito, ora Consorzio Agrario del Nordest Società Cooperativa, che nel frattempo è diventato di proprietà della Società Fin-Prisma Srl.  «I test di verifica di qualità del terreno granulato bonificato sono risultati conformi agli obiettivi di bonifica, permettendo così il riutilizzo in posto dopo il trattamento - conclude il sindaco Pietro Sturla -. Aspettiamo la comunicazione della Provincia di avvenuta bonifica del sito».

Il «Cento vetrine» di Mazzano: uno degli «ecomostri» a cui dare una nuova vita - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it
Il «Cento vetrine» di Mazzano: uno degli «ecomostri» a cui dare una nuova vita - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it

Mazzano, case al posto delle «Cento vetrine»

A crescere non sono stati né gli ingressi né le vendite, ma solo l’erba e la vegetazione fattasi a tratti fittissima. Perché quello che doveva essere un piccolo villaggio dello shopping non ha mai vissuto le stagioni degli acquisti e dei saldi: da quando ha visto la luce altro non è stato che un luogo abbandonato. Ma ora la situazione potrebbe cambiare, e pure nel breve periodo. All’orizzonte sembrerebbe prefigurarsi il recupero del «Cento Vetrine» di Mazzano. Sorto lungo la Padana Superiore per essere una sorta di alter ego dell’Outlet Franciacorta, come ancora si può capire daglisbiaditi colori e dalle linee dell’architettura, non è mai stato aperto. Costruito tra il 2002 e il 2007 da un fondo immobiliare, era andato ad occupare oltre 4.300 mq per strutturarsi in 34 negozi, 19 uffici e 7 magazzini, porticati e piazzette con al centro fontane ora ben più che malate.

Erano stati ricavati anche un'ampia autorimessa sotterranea e il parcheggio esterno, tutto però cristallizzato e senza vita, segnato anche da atti vandalici e razzie di rame e materiali vari;alcune solo tentate,altre riuscite. Adesso, invece, potrebbe esserci altro: dopo varie aste andate a vuoto, «Cento Vetrine» pare abbia trovato un acquirente. Agli atti, in municipio, non c’è ancora nulla di depositato, ma sembra si possa profilare un cambio di destinazione da commerciale a residenziale.

Gli «ecomostri» del Bresciano caratterizzando diverse aree della provincia - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it
Gli «ecomostri» del Bresciano caratterizzando diverse aree della provincia - Foto Gabriele Strada/ Neg © www.giornaledibrescia.it

Orceana Park: il fantasma del divertimento

Era stato pensato per il divertimento, ma l’Orceana Park, a 13 anni dalla sua apertura e a 9 dalla sua fine, è uno dei luoghi più tristi e fatiscenti della Bassa, meta spesso di vandali e di gente poco raccomandabile. Lo scheletro di cemento, che si estende per circa 60mila mq alle porte di Orzinuovi, in un luogo strategico, all’incrocio tra la Sp2 che porta a Brescia e la Provinciale 668 che porta al lago di Garda, aspetta un altro destino. Il nastro era stato tagliato il 19 novembre del 2009. Il sito, proprietà di tre imprenditori edili, era gestito dalla Fdg consulting. Conteneva una multisala cinematografica e aree dedicate al divertimento con una pista da bowling di 1800 mq, biliardi, carambole e calcio balilla, videogame di ultima generazione, giochi a premi e slot machine. Infine, c’erano negozi, diversi servizi di ristorazione e di caffetteria. Solo il Mc Donald’s e un negozio curato da commerciati di nazionalità cinese hanno resistito. Per il resto, un sogno breve, durato solo 4 anni. Poi il crack finanziario. 

Finora nessuna operazione è stata in grado di rilanciare la struttura. Le aste sono andate deserte.  «Troppi 12 milioni di euro per il nostro Comune», ci riferisce il sindaco Gianpietro Maffoni, che tempo fa aveva contattato il curatore fallimentare per capire se fosse possibile investire sulla struttura. «Il posto è strategico e molto ampio. Sarebbe stato interessante acquistarlo per metterlo al sicuro e costruirvi magari una scuola, immersa nel verde. Avevamo cercato di capire anche se fosse possibile acquisirlo per la Casa della comunità in arrivo a Orzinuovi, ma costa tanto. Non solo. È interamente da ricostruire. Ultimamente - prosegue - ci aveva messo gli occhi la Provincia per costruirvi un istituto tecnico ad indirizzo sportivo, distaccamento della scuola di Bargnano. Speriamo che alla fine succeda così».

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Il Verola Center piange, va meglio per le Robine

Saracinesche abbassate, parcheggi quasi deserti per il Verola Center a Verolanuova, nella località del Bettolino. L’ultima attività del centro commerciale ha chiuso il 25 aprile 2021 per trasferirsi a Manerbio. Da quel momento il centro è rimasto chiuso. Restano aperti il negozio cinese all’esterno e il distributore di benzina, i pochi lotti venduti nelle aste passate. La struttura risale al 2009 poi, dal 2013, l’inizio della crisi ha portato i 44 negozi alla chiusura. «Oggi l’immobile e i negozi sono all’asta», ci ha detto il sindaco Stefano Dotti «Sono stati acquisitiun bar, il distributore e un’area commerciale verso Bassano Bresciano. Ilcentro funzionava commercialmente, lavoravano e lo fruivano tante persone, ma il verificarsi di una serie di incomprensioni per la gestione e i costi delle parti comuni delle gallerie hanno complicato la situazione». Bennet, proprietario del 30% della struttura, ha chiuso perché i costi erano troppo alti e ci sono state questioni legali che si sono trascinate nel tempo, impedendo la riapertura del centro commerciale. «Gli immobili - continua Dotti - sono ancora all’asta e cerchiamo di capire se ci sarà un offerente per ripartire. Dal punto di vista commerciale e imprenditoriale è una posizione invidiabile, ma il rischio, se passerà troppo tempo, è che la struttura deperisca e che diventi antieconomico recuperarla».

Va meglio al centro commerciale Le Robinie del Bennet a Cadignano, frazione di Verolanuova, dove all’interno, oltre all’ipermercato, sono presenti un grande store per abiti e casalinghi, un’oreficeria, una parrucchiera, un’estetista, un negozio di abiti per bambini e un bar. Tre negozi vuoti, uno in cerca di un affittuario e il piano superiore chiuso. Qualcosa si è però mosso all’esterno dove, nell’area ex Bregoli che ha avuto un default nel 2010. Una parte dei capannoni sta riprendendo vita. In via delle Filande sono stati acquisiti dallaB&B Trasporto e Logistica, specializzata nel trasporto di prodotti alimentari e non in Italia e in Europa. Per la B&B ci sono circa 3.600 mq destinati allo stoccaggio di prodotti, ai quali andranno ad aggiungersi anche uffici.Le restanti costruzioni sono state rilevate invece dal Panificio Cremona.

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