Dopo il Covid la riforma della sanità lombarda: il punto

Ventisei pagine per «rivoluzionare» la sanità lombarda che nascono all’insegna della «salute complessiva per le persone, gli animali e l’ambiente».
Tanto è lungo il documento che Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare della Lombardia, ha consegnato ai capigruppo di maggioranza in Regione. La dicussione inizierà nei prossimi giorni, ma si preannuncia già irta di ostacoli, almeno a giudicare dalla reazione a caldo del capogruppo della Lega: «Una rivoluzione così ad un anno delle elezioni non ha senso farla».
I cambiamenti. Il cambiamento ventilato cui fa riferimento la Lega è quello che riguarda una ridefinizione dei territori di afferenza alle Ats, le Agenzie di tutela della Salute e il ruolo degli ospedali (Aziende sociosanitarie territoriali) nel migliorare la continuità ospedale-territorio. Uno dei temi è il numero delle Ats. L’analisi di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi regionali, ne suggerisce l’istituzione di una sola per tutta la Regione. Un’agenzia unica che continuerà ad avere soprattutto un ruolo di programmazione dell’offerta sanitaria garantita dagli ospedali e dal territorio.
La Giunta. Nella bozza, Moratti scrive che «il numero di Ats sarà deciso dalla Giunta», anche se le ipotesi non mancano. Quella maggiormente accreditata fa riferimento ad una Ats per provincia.. Dunque, dalle otto attuali, si passerebbe a dodici, comunque tre in meno rispetto alla fase pre-riforma di Maroni. Inevitabile domandarsi, ma la risposta è soprattutto politica, quale sarà il futuro assetto della sanità camuna che oggi afferisce all’Ast della Montagna, scomparsa dai radar del testo. I limiti. Al di là dei «confini» geografici, la pandemia ha messo in luce i limiti di un sistema sanitario la cui eccellenza si declina quasi esclusivamente all’interno delle mura ospedaliere lasciando scoperto il territorio. Ospedale-territorio: quasi un mantra che si è ripetuto negli anni fino a diventare stucchevole. La sostanza, però, è che nei lunghi mesi della pandemia il territorio lombardo non ha avuto gli strumenti strutturali - se si escludono alcune encomiabili figure professionali - per fronteggiarla. Lo riconosce anche Angelo Capelli, uno degli estensori della legge di riforma del 2015 che ricorda come i «presidi socio-sanitari territoriali avrebbero dovuto assistere i malati cronici collegando la prevenzione ai ricoveri ospedalieri, l’assistenza domiciliare integrata e i servizi sociali, per seguire meglio i pazienti che non necessitavano dell’ospedale. Una parte della legge che è rimasta lettera morta e il territorio è rimasto scoperto».
Le criticità. È in corso il dibattito su cosa non abbia funzionato e se debba essere addebitato solo alla legge in vigore o alle radici poste da provvedimenti nazionali e regionale che l’hanno preceduta. Di fatto, è certo che, pur in una situazione d’emergenza straordinaria, forte è stata la distanza tra le esigenze della popolazione e la risposta istituzionale. La pandemia ha fatto esplodere contraddizioni che si trascinano da anni, evidenziando quanto la debolezza della rete territoriale non abbia permesso di prevenire, curare e «tutelare» gli ospedali da accessi impropri.
La sanità privata. Quali cambiamenti si prospettano nella «bozza riservata» elaborata dall’assessorato al Welfare? Una delle questioni «cardine», sollevata più volte, anche dal governo, e non solo con la pandemia, è il rapporto tra sanità pubblica e privata convenzionata. Moratti ha più volte ribadito che le due realtà devono coesistere, ma come? Nel testo pubblico e privato sono messe sullo stesso piano. Si parla, infatti, di «equivalenza, integrazione e complementarietà all’interno del sistema sanitario regionale dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e di quelle private accreditate». Questo comporta una «revisione straordinaria dei fabbisogni assistenziali oggi storicizzati nei veri budget assegnati al fine di un miglior governo dell’offerta». In sostanza, l’ipotesi è di rivedere all’insù l’ammontare delle risorse assegnate alla sanità privata con l’ipotesi di «partecipazione del servizio privato all’innovazione tecnologica e organizzativa del servizio sanitario regionale anche nella sua componente territoriale, per il miglioramento e la continuità delle cure».SanitàIniziato l’iter della nuova legge regionale
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