Diamanti gonfiati: «Le donazioni alla Onlus solo solidarietà»

Il bresciano Faroni direttore generale di Bpm racconta la sua verità sull’inchiesta sui diamanti, in una lunga lettera al nostro giornale
L’indagine. Sono 75 gli indagati dalla Procura di Milano - © www.giornaledibrescia.it
L’indagine. Sono 75 gli indagati dalla Procura di Milano - © www.giornaledibrescia.it
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La sua verità la affida ad una lunga lettera, in pagina nell'edizione odierna del Giornale di Brescia, scaricabile anche in formato digitale. 

«Nel rispetto pieno delle attività giudiziarie in corso faccio delle doverose precisazioni» scrive Maurizio Faroni, il manager bresciano, direttore generale del Banco BPM finito nell’elenco dei 75 iscritti nel registro degli indagati della Procura di Milano nell’inchiesta sulla vendita dei diamanti attraverso le banche.

Pietre preziose, proposte come bene rifugio, a prezzi però anche 50 volte superiore al reale valore. «Sino al 2016, anche le nostre filiali hanno operato, come quelle di tutti i maggiori gruppi bancari (e non solo), mettendo in contatto il cliente eventualmente interessato all’acquisto di diamanti con la società specializzata, con cui era in atto una convenzione con le relative responsabilità contrattuali» racconta Faroni che spiega però di «non aver mai assunto la responsabilità di governo e gestione delle reti commerciali».

Ma è soprattutto su un aspetto dell’indagine della Guardia di Finanza che Faroni vuole fare chiarezza. Quello delle due donazioni da 150mila euro complessivi che IDB (Intermarket Daimond Business), la società che con la banca aveva stipulato l’accordo per la vendita dei diamanti, aveva effettuato in favore della Onlus dedicata al figlio di Faroni, deceduto da bambino e di cui lo stesso manager è presidente.

«Le donazioni effettuate dall’allora titolare di IDB, Antinea De Rico, avvennero in modo totalmente spontaneo e inaspettato, sulla base di un desiderio da lei manifestato ai vertici manageriali dell’epoca in relazione alle sue - mi dissero - ingenti attività filantropiche in Italia ed America Latina ed all’ammirazione manifestata per un’iniziativa, che vedeva il top management di una banca "autotassarsi sulle proprie disponibilità" per fare del bene» spiega Faroni.

«Tali contributi -aggiunge - furono immediatamente destinati, insieme a molte altre risorse da noi personalmente conferite, al progetto di Roman con l’Opera don Calabria».

 

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